
Insieme a un gruppo di amici qualche tempo fa ci siamo offerti una verticale dei Rasteau prodotti da Jérôme Bressy, proprietario dell’azienda Gourt de Mautens, grazie a Dario Cappelloni, compagno di tante avventure che ha messo a disposizione quasi tutte le bottiglie (un paio sono arrivate dalla mia cantina), e a Paolo De Cristofaro, che ha organizzato da capo a piedi una giornata piacevolissima, con una degustazione-bevuta-pranzo perfetti all’Osteria Cappuccini a Cesinali.
Rasteau è una denominazione conosciuta soprattutto per i suoi vini dolci, ma devo ammettere che non è esattamente tra le mie preferite. Li assaggio regolarmente in occasione di Découverte en Vallée du Rhône, ma raramente ne ho trovati di interessanti, sia nella versione dolce che in quella secca. L’unica eccezione sono stati da sempre proprio i Rasteau secchi di Gourt de Mautens, complessi e affascinanti, intensi e vivi, mai banali. Una constatazione che mi ha portato a visitare l’azienda di Jérôme Bressy fin dalla mia prima partecipazione a Découverte nel 2003 e ad assaggiare anno dopo anno i suoi vini.
Gourt de Mautens nasce nel 1996 ad opera di un Jérôme Bressy ventitreenne, che lavora subito in regime biologico. Il padre infatti, pur continuando a conferire le uve a una cantina cooperativa, già nel 1989 aveva operato la conversione biologica del vigneto, 13 ettari di cui 12 dedicati alle uve rosse e 1 a quelle bianche.
Jérôme oggi lavora in conduzione biodinamica e nell’autunno del 2012 è uscito dalla denominazione Rasteau, a causa di un contrasto sul regolamento riguardo la composizione ampelografica del vigneto con l’ODG (organisme de défense et de gestion) della denominazione. La presenza di picardan nelle sue vigne – un vitigno bianco di cui è attestata la presenza sul territorio fin dal XVII secolo ma che non è autorizzato nella composizione del Rasteau Bianco – e quella di altri vitigni storici e tradizionali, come vaccarèse, counoise, carignan, cinsault o terret – piantati per mantenere la tipicità e la biodiversità del patrimonio ampelografico aziendale – in una percentuale del 23% del vigneto, quando non è permesso averne più del 15%, lo avrebbe infatti costretto a rivendicare la denominazione solo per poco più della metà della produzione. Così, per produrre dei vini sempre più aderenti al territorio di Rasteau e per salvaguardarne la tradizionale varietà di vitigni, Bressy ha rinunciato alla denominazione commercializzando i suoi vini come Igp Vaucluse.
Fino a quando è rimasto nella denominazione, il Rasteau Rosso di Jérôme Bressy è stato composto dal 70% di grenache, 15% di carignan e per il restante 15% da mourvèdre, syrah, counoise, cinsault, vaccarèse e terret noir. La resa era (ed è ancora) bassissima, dai 10 ai 15 hl per ettaro, per una produzione tra le 10 e le 15.000 bottiglie annue. Il Bianco invece è ottenuto principalmente da due uve, bourbulenc e grenache blanc, 45% a testa, con il restante 10% in cui troviamo grenache gris, clairette, picardan, roussanne, marsanne, viognier, picpoul blanc e gris, per una produzione tra le 1.000 e le 2.000 bottiglie annue.
Abbiamo cominciato con un Rasteau Bianco e finito con una delle rare bottiglie di Rasteau Dolce prodotte da Bressy. Ecco allora qualche appunto sui vini che, più che degustati, sono stati proprio bevuti (tutte le bottiglie sono uscite dal ristorante rigorosamente vuote).
Rasteau 2001 (bianco)
Naso intenso, minerale, con sentori di mela cotogna e zafferano, che col passare del tempo nel bicchiere cambia e cresce, e così dopo qualche minuto si affermano note di senape in grani insieme a sfumature di miele. Palato inusuale, fresco in entrata, poi pieno, ricco, complesso. Finale un po’ alcolico, in cui emergono toni di resina di pino. Raro e affascinante.
Rasteau 1997
All’inizio presenta profumi un po’ evoluti, ma che successivamente virano verso il balsamico, e poi ciliegia sotto spirito e fiori secchi. Palato di buona tenuta e distensione, con note di ginepro, rabarbaro e scorza d’arancia secca, cui manca però un po’ di pienezza e di complessità. Da bere con soddisfazione.
Rasteau 1998
Il naso è esplosivo, cangiante e complesso, di grande fascino: spezie e frutta fresca, seguite da toni ematici e di macchia mediterranea. Palato giovane, anzi giovanissimo, fittissimo e ancora compresso. La ricchezza di frutto e la trama tannica sono davvero integri, il centro bocca è fresco, mentre il finale, ancora leggermente ruvido, è lungo e continuo, con note di radici e liquirizia. Col passare del tempo nel bicchiere si rinfresca ulteriormente, con toni sapidi che lo sostengono e lo allungano. Da bere o da attendere, a piacere. Splendido.
Rasteau 1999
Naso ampio, giocato sui toni di macchia mediterranea, fichi, spezie e resina. Palato vibrante e freschissimo, insieme fresco di frutto dolce e con note già terziarie di sottobosco accompagnate da sentori balsamici, con un finale di liquirizia e resina. La crescita aromatica nel bicchiere con il passare dei minuti è impressionante, per un vino che alla fine risulta mediterraneo e austero insieme, rigoroso ma anche setoso.
Rasteau 2000
Naso inizialmente poco nitido, lattico e verde insieme. Col passare dei minuti risulta più pulito, ma resta leggermente “vinilico” e impreciso. Il palato è invece di buona fattura, anche se manca della setosità e della grinta che di solito hanno le interpretazioni del Rasteau da parte di Bressy. Dopo qualche minuto (diciamo anche un paio d’ore…) il tono generale non cambia, ricco (troppo), burroso (troppo) e leggermente polveroso.
Rasteau 2001
Naso elegante e un po’ nebbioleggiante (porcini freschi, violette), in un contesto mediterraneo e salmastro di arbusti, resina, acciuga. Il palato è austero, teso e lungo, con tannini finissimi, una straordinaria coerenza gusto-olfattiva e un finale dai toni floreali di violetta, seguiti da note di resina e liquirizia. Il più coinvolgente di tutti, clamorosamente giovane, straordinario da bere ora ma con ancora tanta vita davanti.
Rasteau 2002
Naso poco intenso, con sentori acetici e di fiori secchi, che col passare dei minuti nel bicchiere diventa più complesso e fresco. Il palato è piccolino, ma speziato, fresco e nitido. Senza dubbio manca di profondità, ma alla fine si lascia bere con molta piacevolezza.
Rasteau 2003
Al naso emergono aromi di cioccolata, frutta in confettura e spezie orientali, seguiti da sentori di glutammato. Il palato è coerente (note di cioccolato e succo di mirtilli) e con tanta materia, ma anche monolitico. Di grande potenza, alla fine mi sembra senza slancio e senza la solita lunghezza. Insomma un vino orizzontale, al limite dello stucchevole, senza grinta o tensione. Quello che mi è piaciuto di meno e, a riprova, l’unico rimasto nel bicchiere.
Valutazione:
Rasteau 2004
Al naso sentori di peperoncino, tapenade di olive nere, macchia mediterranea, il tutto su toni salmastri. Il palato è brillante, minerale, con note di frutto fresco, con una componente acida così spiccata da risultare austero e un po’ freddo. Il finale è ricco, con note di china, caffè e rabarbaro, ma manca di personalità. Per Dario è la classica “bottiglia sfortunata” che non esprime il reale potenziale dell’annata.
Valutazione:
Rasteau 2007
Erbe officinali e frutti neri, su uno sfondo marino e di macchia mediterranea. Il palato è molto convincente, fresco e su toni di frutto dolce, ancora indietro ma con dei tannini di grande finezza, di notevole materia e allo stesso tempo bevibilità, e un finale elegante, lungo, grintoso, in cui spiccano frutti di bosco rossi freschi. Da bere o da lasciare in cantina ancora diversi anni, a piacere.
Rasteau 2004 (dolce)
Molto piacevole e ben realizzato. Di buon equilibrio, le note di confettura di frutti di bosco non risultano mai stucchevoli, anzi restano finanche eleganti.
Valutazione:
La degustazione ha mostrato un vino tipico e unico allo stesso tempo, in grado di offrire emozioni e di raggiungere vertici qualitativi assoluti, con una grande autenticità e una impressionante capacità di rispecchiare il millesimo nel bene e nel male, senza accomodamenti o correzioni di sorta.
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