
Insieme a un gruppo di amici circa un mesetto fa abbiamo passato una splendida giornata da Eleonora Rossi e Marco Casolanetti a Oasi degli Angeli (vedi qui e qui), per stare un po’ insieme, vedere le vigne, approfittare della splendida cucina di Eleonora e infine, già che c’eravamo, per fare una verticale di tutte le annate uscite sul mercato di Kurni e di Kupra.
Kupra o del bordò
La storia comincia agli inizi dello scorso decennio, quando Marco vede che vicino alle sue vigne di montepulciano ce n’era una con un’uva del tutto diversa, che i vecchi contadini chiamavano bordò. Decide allora di recuperare varie bottiglie realizzate per un consumo casalingo e scopre che è un biotipo di grenache, portato qui dai pastori in transumanza che dalla Maremma e dalla Tuscia passavano dal Lago Trasimeno (in effetti sembra che il cosiddetto gamay del Trasimeno sia la stessa uva), per poi discendere in inverno in Puglia e tornare infine in Maremma e Tuscia. I pastori sardi lo chiamavano “su burdu”, che vuol dire il bastardo, il trovatello, ma anche “che c’entra poco con gli altri”. Questa stessa uva sembra si trovi anche sull’Etna con il nome di Nelson. Nel Piceno è autorizzato col nome di alicante.
Il bordò è un’uva più aromatica del montepulciano, con una buccia sottile, che ama il caldo, il vento, parti alte e assolate, terreni sabbiosi oppure sassosi ma sempre drenanti. I contadini raccontano che quando i mediatori compravano le uve il bordò si vendeva 7 – 8 volte più caro del montepulciano, perché era ricco di zucchero (e ha un’acidità totale bassa, più o meno 5, quando il montepulciano di solito si attesta sopra i 6).
In zona molte piante sono a piede franco, perché tradizionalmente si reimpiantava per propaggine. Praticamente dimenticato per decenni oggi, sotto l’impulso del Kupra, sono già sei le aziende del Piceno che lo hanno reimpiantato, lo producono e lo imbottigliano.
Il Kupra è frutto di 1,5 ettari di vigna vecchia di bordò che guarda il mare a 400 metri di altitudine, più o meno 6.000 piante che superano i 100 anni d’età. La fermentazione dura 20 giorni in uovo di cemento crudo, lo stesso materiale che utilizzavano i vecchi contadini (le prime due annate sono state fermentate in legno), per poi fare per 30 mesi il “classico” (per Marco) doppio passaggio in barrique nuove, 12 mesi in una prima barrique, gli altri 18 in una seconda barrique. La prima annata messa in commercio è la 2006, ma le prime sperimentazioni risalgono al 2000. Nel 2007 non è uscito perché ce n’era troppo poco. Negli altri anni ne sono state prodotte più o meno 500 bottiglie all’anno, a parte il 2011 (400 bottiglie).
La verticale è partita dall’ultima annata imbottigliata.
Kupra 2011
Come tutti i Kupra della verticale presenta un colore rubino scarico tendente al granato. Al naso si evidenziano note di frutti neri con sfumature speziate, di sambuco e fiori di campo. Il palato è straordinariamente ricco ma insospettabilmente elegante, sapido-saporito, dinamico e con un bel frutto fresco in evidenza, croccante e ampio insieme, un finale leggermente alcolico ma lungo, coinvolgente, vibrante. Sia al naso che al palato la volatile lavora molto più a sostenere il vino che a spegnerlo (tutti i Kupra della degustazione sono sopra i 15° e hanno una volatile sopra lo 0,50, in questo caso 0,85). Probabilmente nei prossimi anni crescerà ancora, ma per quanto mi riguarda è già tra i migliori vini rossi italiani.
Kupra 2010
Inevitabile il confronto diretto con il 2011. Il naso è meno elegante ma sempre molto ricco, ampio, con note di frutti di bosco e spezie, e un finale di miele di corbezzolo. Il palato è intenso, di buona grinta anche se meno complesso, lungo, fresco e con spiccate note sapide. Il finale si svela leggermente affumicato, con un tannino scoperto e al limite dell’aggressivo, ma comunque profondo e affascinante.
Kupra 2009
Naso un po’ cupo e affumicato, seguito di nuovo dal corbezzolo e dai fiori d’arancio. Il palato all’inizio è il più chiuso dei tre assaggiati finora, austero, con spiccate note di china, ma col passare dei minuti è quello che cresce di più nel bicchiere, aprendosi a note di radici, macchia mediterranea e tabacco biondo, mostrando una complessità impressionante, grande freschezza – giovinezza e un finale lungo e teso.
Kupra 2008
Bottiglia poco felice o momento di chiusura? Di sicuro la versione di Kupra più problematica che abbiamo assaggiato, per alcuni di noi al limite dell’ossidato, per altri invece solo meno brillante. All’inizio si presenta con un naso non precisissimo, in cui i frutti rossi, leggermente ammaccati, sono accompagnati da note di cioccolato. Strano, certo meno immediato e scintillante dei precedenti, ma per Marco è proprio questa oggi la sua espressione. Al palato cambia tutto, con dei toni quasi verdi e balsamici che tuttavia si accompagnano a sfumature evolute, per un vino che manca del dinamismo cui ci eravamo abituati e che alla fine non mi ha completamente convinto. Piuttosto distante dai suoi compagni di viaggio.
Kupra 2006
Naso fine ed elegante, floreale, con sfumature di scorza d’arancio e le prime note terziarie che fanno capolino e gli conferiscono complessità e profondità. Il palato è coerente, sempre elegante e profondo, lunghissimo, aromatico, con note di radici che ricordano toni da vino chinato o da rhum agricole invecchiato. Il finale è torbato, con vene balsamiche. Straordinario, a un passo dal 2011.
Bonus Track:
Alla cieca, Marco ci serve il Kupra 2000, prima annata realizzata e mai uscita sul mercato (ne ha prodotto solo 200 bottiglie). Il naso è complesso, ampio, terziario, con note di radici e spezie, seguite da sentori di liquirizia, scorza d’arancio, maggiorana, nocciole, zenzero, mentre il palato è equilibrato, lungo e ancora sul frutto. Affascinante.
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