
A novembre 2020 la FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) denunciava perdite per 33 miliardi di euro per il settore della ristorazione, con un crollo del 35% del fatturato, 60 mila imprese e oltre 300 mila posti di lavoro a rischio. A Natale Coldiretti segnalava “perdite per 41 miliardi con i ristoranti chiusi”. A fronte di queste perdite, i provvedimenti a sostegno sfiorano il ridicolo, con ristori che spesso non arrivano o che sono totalmente inadeguati. E il mondo della ristorazione moltiplica le proteste di giorno in giorno.
Domani 15 gennaio 2021 oltre 50mila esercizi hanno dichiarato l’adesione all’iniziativa #ioapro1501: bar e ristoranti aderenti apriranno le loro porte ai clienti fino alle 22, violando così l’ultimo DPCM che a seconda del colore (rosso, arancione, giallo) impone esclusivamente il servizio di asporto e delivery oppure l’apertura al pubblico fino alle 18.
Ieri invece si è mobilitata la ristorazione campana, che ha bloccato l’autostrada A1 nel casertano procedendo a passo d’uomo verso Roma e ha chiesto al Governo di poter ricominciare a lavorare:
Fateci lavorare, noi chiediamo soltanto questo. Lo facciamo nel rispetto delle misure precauzionali e quindi non comprendiamo questo accanimento sul nostro settore. I ristori sono insufficienti e non ci danno dignità. Noi non li vogliamo. Desideriamo soltanto riprendere le nostre attività di ristorazione e consentire a tutto l’indotto e ai lavoratori che ruotano intorno a noi di proseguire a vivere. Perché oggi non viviamo più”.
Qualche giorno fa l’Unione dei Ristoranti del Buon Ricordo ha lanciato un appello al governo per poter lavorare in sicurezza:
Il nostro Mondo, il Mondo della ristorazione italiana di qualità oramai è esausto. 11 mesi sono trascorsi dall’inizio della pandemia, 11 mesi durante i quali la nostra categoria ha accettato di chiudere a ripetizione le proprie attività in nome della salute. Noi ristoratori abbiamo un cuore e lo abbiamo dimostrato. Le briciole dei ristori, quando sono arrivate, sono state proprio tali. Abbiamo accettato anche il gioco dei colori, delle aperture e chiusure per salvare il Natale, poi per salvare gennaio, poi…? Purtroppo la realtà dei fatti ha dimostrato che non erano i locali pubblici i portatori di contagi. Tutti sappiamo che pranzare in un ristorante è più sicuro che farlo in una mensa aziendale. Allo stesso modo le resse nei supermercati e l’affollamento dei posti di lavoro non possiamo credere che siano meno pericolose. Ci è voluto del tempo ma tutti ora, noi e i nostri clienti, abbiamo capito che la scelta di chiudere determinati settori è stata una scelta di comodo.
Oggi poi è intervenuta l’Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto, con un lungo appello al Governo, firmato da decine di chef e ristoratori, da Carlo Cracco a Moreno Cedroni, da Antonino Cannavacciuolo a Giancarlo Perbellini.
Chiediamo una riapertura in sicurezza, regolamentata e controllata, che spazzi via una volta per tutte l’idea del ristorante come untore. Già nei mesi estivi abbiamo ottemperato, con grandi sacrifici, a tutti gli obblighi da Voi imposti come nuovi standard di sicurezza. Se è necessario, siamo pronti a studiarne insieme ulteriori. Se invece un’alternativa siete certi che non ci sia, la chiusura deve essere secca. Basta con i giorni alterni e con i provvedimenti a singhiozzo. Basta con le promesse non mantenute. Alla chiusura certa devono seguire ristori certi, adeguati e immediati, per ripartire, per poter continuare a imprendere, non solo per tamponare…
Vi chiediamo: è giusto condannare a morte la Ristorazione Italiana? È corretto farle espiare tutte le colpe di questa terribile “guerra”? O c’è qualcosa che ancora si può fare per cambiare le sorti di un settore che da sempre traina il Sistema Italia in termini di valore economico, ma anche per identità, cultura e stile di vita?”
A Trento si è sviluppata la protesta dei grembiuli bianchi, indetta da Fipe-Confcommercio e alla quale hanno aderito anche Fiepet-Confesercenti e Associazione dei pubblici esercizi del Trentino, che si sono dati appuntamento al palazzo del Commissariato del Governo. Mentre a Bari è stato istituito un presidio dei ristoratori davanti alla Prefettura.
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