Un borgo degli anni ’10 del secolo scorso, in zona Portuense, realizzato come vaccheria alle porte della città (all’epoca) su progetto di Rosa Riccioni e attivo fino agli anni ’50. Nasce così quello che oggi è Portuense 201, “microcosmo urbano di ideazione, produzione e generazione di un’estetica contemporanea” dove hanno trovato casa progetti culturali, agenzie di comunicazione, studi di food design, arte, architettura e floral design.
E proprio da un’idea di Copihue Floral Studio (creato da tre donne con background nella psicologia, innovazione culturale, sostenibilità, change management, critica cinematografica e fashion design) e dall’incontro con le altre realtà di Portuense 201 (tra cui Design Food House di Ivana Carmen Mottola), ma soprattutto dalla collaborazione con Donna Sangiorgio (cuore pulsante di Italian Felicity, specializzata in organizzaizone di eventi) e con Manuela Tognoli, curatrice di Label201 e di Portuense201, nasce Floralism, il primo Floral Design Festival della capitale, patrocinato dal Municipio VIII per il valore sociale e civile dell’iniziativa.
Dal 9 all’11 ottobre, gli spazi di Portuense201 – ma anche il Parco della Caffarella, dove il venerdì mattina è in programma un’uscita di foraging floreale – ospitano infatti l’insolito format dedicato alla bellezza attraverso la contaminazione tra floral design, arte, estetica, fotografia, musica e anche gastronomia.
In programma workshop con importanti floral designer (accanto a Copihue ci sono ad esempio Dyan Tripp e Alessandro Cambi), installazioni floreali, il concorso per giovani esponenti di questa materia, alla presentazione di progetti fotografici a tema (in collaborazione con l’Accademia Italiana di Arte Moda e Design) e la mostra “Qui, Altrove” a cura di Manuela Tognoli nella galleria Label201. Ma la domenica sera c’è anche una cena “fiorita” a cura della Food Designer Ivana Carmen Mottola – che propone anche workshop di MindFood e di avvicinamento agli oli essenziali –, dei fratelli Tiziano e Mirko Palucci di Barred (locale del quartiere San Giovanni che sfugge alle classiche categorizzazioni della ristorazione) e di Chiara Cianciaruso, pasticciera globetrotter i cui raffinati dolci d’ispirazione francese – ma aperti alle contaminazioni – hanno da poco trovato casa nella piccola pasticceria partenopea MonSciù.
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