
Ogni anno fino al 50% di cibo commestibile viene sprecato nelle case, nei supermercati, nei ristoranti e lungo la catena di approvvigionamento alimentare. Secondo una ricerca del Politecnico di Milano, in Italia sono 6 milioni di tonnellate, pari ad un valore di 12,3 miliardi di euro, le eccedenze alimentari generate per oltre il 55% dalla filiera agroalimentare e per il restante nell’ambito del consumo domestico. Di queste, quasi il 50% è recuperabile per l’alimentazione umana con relativa facilità, ma solo il 6% viene recuperato a fini solidali.
Nel nostro paese il 2013 sarà l’anno dedicato alla lotta allo spreco (anche lo Slow Food Day è stato dedicato a questo tema) e alcune organizzazioni in questi ultimi anni sono nate apposta per combattere gli sprechi alimentari e tutelare le fasce più deboli della società.
Secondo la fondazione d’impresa QUI Foundation, attiva nel settore socio-umanitario e negli aiuti alimentari ai bisognosi, le cifre più difficili da elaborare riguardano gli sprechi delle piccole attività commerciali alimentari (ristoranti, bar, gastronomie, self-service, ecc.), che comunque si attestano su una media di 100 kg annuali per singola attività. Su questo fronte la fondazione opera dal 2007 col progetto Pasto Buono, che solo nel 2012 ha recuperato e donato quasi 50mila pasti. È calcolato che se tutti i pubblici esercizi (350mila in Italia) donassero il cibo sano invenduto a fine giornata, si potrebbero recuperare e donare oltre 7 milioni di pasti al giorno.
Ogni giorno i volontari delle Onlus con cui collabora Pasto Buono, a Genova, Roma e a breve anche a Milano, Palermo e Firenze, ritirano il cibo sano invenduto per distribuirlo alle mense per bisognosi facendo sì che gli sprechi vengano trasformati in risorse a favore di molti.
Un’iniziativa come Pasto Buono è semplice e attivabile subito, in tutta Italia, afferma Gregorio Fogliani, ma per farlo è necessario prima risolvere il blocco legislativo attuale che favorisce chi il cibo lo ha e non chi è in difficoltà, costringendo a gettare il cibo per poi vederlo ritirare dai cassonetti da coloro che potrebbero consumarlo civilmente a tavola.
Le potenzialità del progetto sono notevoli e a portata di mano se si considera che la Fondazione Qui! Group è già in contatto con un’ampia rete di oltre 120 mila esercizi di ristorazione per la sua attività di buoni pasto.
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