Concludiamo questo “breve” excursus sui produttori e i vini del Vallese con la terza puntata, dedicata a quelli che sono in un certo senso i due poli della realtà vitivinicola della regione: due “micro-produttori” sconosciuti, anche per le pochissime bottiglie prodotte, Ferdinand Bétrisey di Cave Arte Vinum e Olivier Pittet, e due tra i produttori più importanti e famosi, Stéphane Reynard del Domaine Cornulus e Marie-Thérèse Chappaz.
Domaine Cornulus
I proprietari sono Stéphane Reynard e Dany Varone. Il Domaine possiede 16 ettari, situati a Sion e Sierre, con vigneti che si estendono su 150 metri di dislivello, con maturazioni dello stesso vitigno che, a seconda dell’altitudine, differiscono anche di una settimana, per 25 vitigni coltivati e 41 etichette prodotte suddivise in 7 linee differenti!
“D’altronde – ci spiega Stéphane – all’inizio del secolo scorso sono stati piantati una serie di vitigni in zone diverse, poi ci sono le vigne vecchie da conservare a tutti i costi, che danno risultati differenti dalle altre, poi lo stesso vitigno si trova nella parte alta e nella parte bassa del vigneto, con tempi di maturazione e risultati diversi. Insomma, la produzione di così tanti vini non è tanto una scelta quanto un obbligo”.
Il 70% del vino prodotto è venduto in vendita diretta ai privati e ha 16 persone a lavorare con lui tutto l’anno, cioè un personale fisso di una persona a ettaro!
L’azienda dal 1999 lavora in biodinamica, ha più di 250 terrazze sostenute da muretti a secco, con la storica tenuta Le Clos des Corbassières che ne conta ben 52 e vede la presenza di vigne di più di 90 anni. In cantina in questi ultimi anni alle vasche in acciaio e alle barrique ha affiancato una serie di “uova” in cemento. L’azienda ha anche un bel locale, la “Vinothèque”, dove abbiamo assaggiato i vini.
Dopo un periodo in cui ha cercato principalmente la concentrazione, sia in vigna con rese molto basse che in cantina, è tornato indietro perché trovava i suoi vini troppo ricchi e difficili da bere. Nel 2013 ha fatto vendemmia intera. I suoi vini secchi sono quelli che in questi giorni più mi hanno convinto e impressionato, per qualità, nitidezza, carattere e coerenza stilistica.
Clos des Corbassières v.v. ’12
Un Fendant da vigne di 50-60 anni, vinificato metà in acciaio e metà in anfora, senza malolattica. Un vino da aperitivo, almeno secondo lui, ma dal naso ricco, intenso e fresco, con note di frutta bianca, mentre il palato è coerente, con una leggera carbonica, dai toni minerali, di grinta e carattere. Forse il più buon Fendant che ho assaggiato.
- Valutazione:
Clos des Corbassières Petite Arvine ’12
Vinificata e maturata in uovo in cemento. Ai toni minerali con note di fiori bianchi e frutta bianca fresca fa seguito un palato elegante e teso, che riesce ad essere complesso e gourmand insieme, sapido, lungo e dal finale davvero secco. Da vigne di 25-30 anni.
- Valutazione:
Clos de Mangold Humagne Blanche ’10
Naso delicato e molto floreale, fine ed elegante. Palato di grande tensione e acidità, minerale con note di frutta bianca, fresco e sfaccettato, tutto in finezza, con un finale leggermente resinoso per un vino più sussurrato che urlato.
- Valutazione:
Clos des Corbassières Johannisberg v.v. Coeur du Clos ’07
Da vigne di sylvaner di 80 anni, si presenta ricco, con sentori di frutta gialla matura, ma poco brillante e vivace, e infatti al palato si conferma grasso, ricco, con note di miele e spezie, ma meno complesso e vivace dei precedenti, anche se resta affascinante e probabilmente invecchierà molto bene. “Oggi quell’uva – ci dice Stéphane – l’avrei raccolta prima, il vino è troppo maturo”.
- Valutazione:
Clos des Corbassières Hermitage v.v. Coeur du Clos ’06
Naso con sentori di miele e toni mineral-resinosi. Palato meno teso e brillante di altri, con un certo residuo zuccherino, ma di buona trama e definizione. In quegli anni faceva fermentazione e maturazione in legno, mentre ora è tutto realizzato in uovo di cemento. In effetti sembra che ci sia stato un cambio di passo nella vinificazione verso vini più freschi e acidi, anche se sono i vini come questo, con questo residuo zuccherino, che poi durano 50 anni.
- Valutazione:
Païen Octoglaive ’12
Piacevole, ricco e fresco, con una leggera carbonica, fresco di frutto e fiori, aromatico e gourmand (il savagnin è della famiglia del traminer, ma Stéphane è convinto che gli abbiano dato anche qualche barbatella di traminer). Secondo Stéphane il païen ha una buccia più spessa ed è più facile da lavorare della petite arvine, lo si può lasciare maturare di più.
- Valutazione:
Clos des Corbassières Pinot Noir ’08
La zona è un po’ calda per il pinot nero, ma qui ha vigne di 90-100 anni. Naso con note di frutta rossa matura e sfumature di mirtilli e sottobosco, palato maturo, che manca di un po’ di grinta (quasi a sottolineare il cambio di passo fatto su certi vini in questi ultimi anni), ma comunque ben fatto e compiuto. Certo non è il mio stile preferito di pinot nero.
- Valutazione:
Humagne Rouge Antica ’06
Naso complesso ed elegante, con sentori di humus e sottobosco, sfumature speziate e minerali. Palato di carattere, un po’ ruvido ma con tannini rinfrescanti, note di frutti rossi di bosco e un finale vibrante, nonostante l’annata calda e gli anni in bottiglia, che mi piace molto.
- Valutazione:
Cornalin Antica ’12
Frutta rossa matura, erbe aromatiche e spezie, croccante e rotondo insieme, molto piacevole. Davvero un ottimo Cornalin d’annata.
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Clos des Corbassières Cornalin Coeur du Clos ’99
La prima annata prodotta, da vigne di circa 60 anni. Al naso, speziato e balsamico, emergono toni di grafite, mina della matita frantumata, frutti rossi. Al palato è grintoso, dinamico, sapido e minerale, con una leggera nota verde, pienamente in tensione nonostante l’età e l’annata difficile. Splendido, è il miglior Cornalin finora assaggiato, a conferma della qualità del lavoro che Stéphane fa con questo vitigno: “Il cornalin è un vitigno molto delicato, che bisogna raccogliere esattamente al giusto momento di maturazione. Lo abbiamo recuperato dalle nostre vecchie vigne e si può dire che lo abbiamo salvato, visto che era quasi scomparso dalla regione”
- Valutazione:
Clos des Corbassières Cornalin Coeur du Clos ’08
Naso molto floreale, grafite, leggere note balsamiche e affumicate, elegante e speziato. Palato polposo, ricco ma anche fresco, molto lungo, teso e maturo. Un Cornalin straordinario, di grande pienezza e nitidezza. In assoluto tra qualche anno potrebbe diventare ancora più buono del ’99, e ora al dinamismo e alla grinta sta aggiungendo polpa e pienezza.
- Valutazione:
Clos des Corbassières Coeur du Clos Essence de Botrytis ’07
Marsanne in purezza per un vino dolce prodotto solo in magnum. Naso ricco di erbe aromatiche, in particolare rosmarino, fine ed elegante, con sfumature di miele d’acacia. Palato molto dolce, ricco e pieno, cui manca un po’ di freschezza e acidità, però lungo e complesso nelle sue note di miele, cera e confettura di mela cotogna.
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Cave Arte Vinum
Cave Arte Vinum è uno dei migliori esempi possibili per spiegare la situazione del Vallese viticolo. Ferdinand Bétrisey infatti possiede in tutto un ettaro nel comune di Vétroz, diviso in 9 parcelle in cui coltiva 7 vitigni. Ha creato l’azienda a 56 anni, quando è andato in pensione dopo una vita come maestro elementare, ma ha fatto il vino fin da bambino, prima con i suoi genitori e poi per consumo casalingo. Cura (e in questo caso si può davvero parlare di “curare” la vigna, visto che spesso taglia la parte inferiore dei grappoli per evitare malattie e avere grappoli più piccoli e che maturano il più possibile contemporaneamente) e vendemmia il suo vigneto da solo, in cantina stabilizza il vino a 0° per due mesi e poi fa una leggerissima filtrazione. Dopo aver utilizzato dei serbatoi in acciaio ha deciso di vinificare i vini rossi in uovo in cemento. Tra le varie uve produce l’amigne, un vitigno quasi scomparso che a detta di Steve da giovane è poco espressivo ma che cresce moltissimo con gli anni. I suoi vini sono affascinanti, eleganti e delicati, giocati come sono su equilibri molto sottili.
Amigne ’12
Come scritto prima è un vitigno quasi scomparso. I toni sono agrumati, in particolare arancia e mandarino, con un sottofondo delicato e leggermente affumicato. Palato coerente, cesellato, di buon equilibrio e delicatezza, lungo ed elegante.
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Amigne ’11
Naso meno fine del precedente, agrumi dolci e un filo di spezie. Palato più pieno ma meno preciso, un po’ caldo e con un finale buccioso leggermente amaro.
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Petite Arvine ’12
Ne taglia via la parte bassa del grappolo per evitare muffe e altri problemi, e vendemmia in tre passaggi, perché “c’è una grande variabilità di maturazione, anche tra ali e parte finale del grappolo”. Tenuamente floreale, è di bella acidità. Poco espressivo dal punto di vista aromatico ma piacevole.
- Valutazione:
Petite Arvine ’11
Più ricco ed espressivo, al naso è agrumato con sfumature di miele. Anche il palato è più ricco del precedente, senza per questo perdere in grinta e tenuta.
- Valutazione:
Valais Pinot Noir v.v. ’12
Da viti di 50 anni a 700 metri di altitudine, vinificato e maturato in solo cemento. Un pinot noir à petit grain raccolto con un po’ di acinellature. Naso sul frutto, ribes e lampone. Palato molto puro, terso, peccato per un leggero amaro nel finale. molto lungo, gli manca forse un po’ di rotondità (in questo caso forse un po’ di legno non avrebbe fatto male…)
- Valutazione:
Valais Humagne Rouge ’12
Dai profumi leggermente vegetali, con note di sottobosco e ribes, è un vino piacevole, fresco ma un filo verde, di buona lunghezza, tutto en dentelle e di grande delicatezza (secondo quella che è evidentemente la cifra stilistica di questo produttore)
- Valutazione:
Valais Humagne Rouge ’11
Del tutto diverso dal precedente, maturo e affumicato con sentori di liquirizia. Al palato entra dolce, carnoso e pieno, di buona materia, con uno sviluppo di discreta complessità e un finale leggermente tannico e ruvido (anche questo ha visto solo cemento).
- Valutazione:
Valais Rouge du Pays ’13
Da vasca e da uve cornalin. Nonostante abbia finito la malo solo 10 giorni fa è già di grande piacevolezza. Sentori di frutto rosso maturo, fresco e grintoso, ha note di frutto dolce e un finale dai tannini succosi. Da sottolineare che per Ferdinand il cornalin deve essere raccolto a piena maturità per dare il meglio.
- Valutazione:
Valais Rouge du Pays ’12
Anche sul cornalin taglia via la metà inferiore del grappolo. Naso ricco e complesso, liquirizia, corteccia e terra bagnata, frutti rossi. Al palato tanta materia, sempre frutto dolce. Bella riuscita per un 2012.
- Valutazione:
Valais Rouge du Pays ’11
Ciliegia, amarena, terra umida, con tannini ben gestiti, buona densità, lungo e come al solito molto elegante: davvero ben realizzato.
- Valutazione:
Syrah Sélection du Dr. Wuilloud ’13
Qui non taglia i grappoli perché la maturità è omogenea e le vigne producono già pochissimo. Difficile da interpretare: sicuramente tannico e ricco di materia, secondo Ferdinand è un vino che si esprime al meglio dopo qualche anno, ma in questo momento non è leggibile.
n.g.
Marie-Thérèse Chappaz – Domaine de la Liaudisaz
Marie-Thérèse Chappaz è oggi probabilmente il produttore svizzero più conosciuto all’estero. Guida il suo domaine da più di 30 anni e i suoi vini botritizzati e da vendemmia tardiva sono considerati tra i migliori vini dolci al mondo. Sono 20 i vini prodotti su 10 ettari, situati nei comuni di Fully, Martigny, Charrat, Leytron, Saillon e Chamoson, lavorati in biodinamica dal 2003 e che vedono vigne di più di 80 anni d’età e impianti che arrivano fino a 14.000 piedi per ettaro. In cantina niente ricerca di concentrazioni particolari, solo lieviti indigeni e grande rispetto per il vitigno e l’annata, nel tentativo di esprimere al meglio il terroir d’origine di ogni vino. Con Marie-Thérèse d’altronde più che visitare la cantina ci si arrampica in vigna (noi siamo stati sulle terrazze e le ripidissime vigne sopra la sede storica dell’azienda a Fully), per vedere le viti, i pendii, i muretti a secco, il terreno e comprendere il lavoro e la passione, l’amore che c’è dietro ogni bottiglia che produce. Da sottolineare che ai vertici ci sono i vini dolci, ma che tutta la produzione di Marie-Thérèse è di grande qualità.
Fendant de Fully Coteaux de Plamont ’12
600 metri sul livello del mare, su loess, un terreno molto morbido, che sembra quasi del talco. Niente malolattica, quando è giovane è un po’ stretto, con un naso floreale e agrumato e un palato secco, vivo e teso. Leggermente asprigno il finale, ma alla fine è un vino di bella completezza.
- Valutazione:
Petite Arvine Grain Blanc Domaine des Claives ’12
Vigne di 60 anni, ha fermentato per 2 mesi e mezzo. Naso floreale con note di pera e agrumi, palato teso, sapido, molto lungo e coerente, elegante e complesso, con note di zenzero e pepe bianco, per un vino davvero convincente.
- Valutazione:
Grain Cinq ’12
Cinque vitigni vendemmiati e vinificati insieme (ermitage, sylvaner, pinot bianco, petite arvine , païen). Naso e palato austeri, ma anche in questo caso è ancora difficile da apprezzare (non a caso Marie-Thérèse ha deciso di mettere da parte le bottiglie). Si sente la nota minerale e il gesso, poco altro. Per lei è già un vino ideale per accompagnare un pranzo, ma tra qualche anno dovrebbe diventare molto più affascinante e complesso.
- Valutazione:
Grain d’Or ’11
95% marsanne e 5% roussanne, da vigne che vanno dai 40 ai 90 anni, per rese di 10-15 hl/ha e con 18 mesi di passaggio in barrique su fecce fini, senza batonnage, tranne quando si accorge che si sta ossidando. Al naso miele, spezie ed erbe aromatiche, mentre il palato è ricco, fitto, pieno, di bella lunghezza. Grande fondo ma tanto legno. In questo momento troppo giovane, va atteso.
- Valutazione:
Grain Pinot ’10
Da vigneti della riva destra. Aromatico, con sentori di piccoli frutti di bosco e spezie. Palato della giusta densità e mineralità senza nessun arretramento sul frutto, molto piacevole, da bere ma anche da conservare. Un pinot nero nordico e grintoso, di carattere.
- Valutazione:
Grain Sauvage ’12
Solo humagne, solo in magnum, solo acciaio. Piccoli frutti di bosco, leggermente acidulo ma non verde, ruvido ma piacevole, frutto dolce, lungo, nonostante la rusticità è tipico e coinvolgente.
- Valutazione:
Grain Cornalin ’12
Da magnum. Naso ridotto, poi note affumicate e speziate, mentre il palato è molto buono, giovane, grintoso, dritto, lungo e tutto da bere. Da aprire un po’ prima del consumo, ma davvero molto piacevole.
- Valutazione:
Grain Syrah ’12
Su granito. speziato, di bella densità, poco frutto ma molto minerale. Per un 2012 è particolarmente elegante e fine senza perdere in pienezza e complessità.
- Valutazione:
Grain Noble ’11
Ermitage ancora in barrique per due anni con più di 200 gr/lt di zucchero. Naso di fiori d’arancio, miele, pan di spezie, datteri e fichi secchi. Al palato entra dolce, poi diventa aereo, fresco, con un finale slanciato di fiori d’agrumi, fine ed elegante. Splendido.
- Valutazione:
Grain Noble ’12
Da barrique. Come detta l’annata è più leggero e piacevole , anche se conferma i sentori di fiori d’arancio. Un vino meno importante del precedente ma di buon equilibrio e freschezza finale.
- Valutazione:
Grain Noble ’04
Al naso mela cotogna, arancia e albicocca disidratata. Elegante e fine, anche questo è aereo nella tessitura, con note di botrytis intense e insieme eleganti e un finale di frutta secca quasi non dolce per quanto è sostenuto dall’acidità.
- Valutazione:
Petite Arvine Grain par Grain ’11
Denso e concentrato, è segnato dalla botrytis, con sentori di pasta di mandorle, datteri e fichi secchi. 7° alcolici e più di 300 grammi di zucchero residuo, è elegante, lungo, pieno, complesso e opulento senza essere mai pesante o stucchevole.
- Valutazione:
Olivier Pittet
Olivier Pittet è un altro giovane micro-produttore, ingegnere di professione trasferitosi recentemente da Ginevra. Ha comprato 6500 metri di vigna nel 2004 (allora viveva ancora a Ginevra e dormiva in vigna per lavorarla nei week-end…) e quest’anno passerà a 8000 metri, divisi in più di 20 parcelle in 3 differenti zone di Fully. Lavora in biodinamica e per i trattamenti usa solo tisane, le vigne sono inerbite e non arate, e taglia l’erba solo quando è davvero troppo alta (poi certo, come ci dice lui stesso, ci sono produttori che trattano con l’elicottero e vista la parcellizzazione…): la cosa più importante per Olivier è che il suolo sia vivo. Lavora 8 vitigni, tra i quali la grosse arvine, letteralmente salvato dalla scomparsa (Olivier nel 2008 ha contato in tutta la zona di Fully una sessantina di piante, prima che lui ne ripiantasse qualche centinaio di metri), per una serie di etichette tirate in poche centinaia di bottiglie, realizzate con lieviti indigeni a meno di situazioni di emergenza, dei vini secchi spesso frutto di assemblaggi nel rispetto delle tradizionali complantazioni che ha trovato nelle singole parcelle. Una sorta di vignaiolo-appassionato-storico-archeologo del Vallese e dei suoi vini.
Fendant ’12
Solo acciaio, malolattica fatta. Naso fresco, floreale, elegante. Palato coerente, con note di frutta matura, di buona precisione aromatica, è un vino piacevole, fine e sincero.
- Valutazione:
Petite Arvine de Fully ’12
Messo in bottiglia ad ottobre, come tutti i suoi vini, a parte fendant e gamay, è maturato in barrique vecchie di vari passaggi. Dai profumi di spezie e frutta bianca, con leggere sensazioni lattiche, ha un palato un po’ caldo di alcol e che deve ancora trovare il giusto equilibrio ma anche in questo caso preciso aromaticamente, fine e puro.
- Valutazione:
Ocres de Fully ’12
Blend di gamay vinificato in bianco, marsanne, pinot grigio e petite arvine, i primi tre raccolti e vinificati insieme. Il colore ricorda quello di un pinot grigio vinificato sulle bucce, mentre al naso spiccano sentori di pera, con sfumature floreali e di mandorla. Il palato conferma il suo stile sussurrato nonostante il grado alcolico di quasi 14° (13,9° per la precisione): fine ed elegante, di buona lunghezza, coerente e affascinante.
- Valutazione:
Les Temps Passés ’12
Blend di grosse arvine (parente della petite arvine, quasi scomparsa forse a causa della sua tendenza all’aborto floreale), reize (un incrocio di… non si sa più cosa, si sono persi i nomi dei due vitigni) e humagne blanc, passato secondo tradizione in barrique di legno di larice – anche se secondo Olivier il larice è troppo marcante. Al naso è molto affumicato, con sentori di genziana, centerbe e borotalco. Il palato è coerente aromaticamente e ben definito, ma non si capisce se gli aromi derivano dal legno o dai vitigni. Alla fine niente male, anche se mi disturbano un po’ questo tono pseudo-balsamico e i 13,9°, che qui si sentono tutti.
- Valutazione:
Gamay ’12
Naso sul frutto, ribes, con note di erbe aromatiche. Il palato segue lo stile preciso e sussurrato dei bianchi. Fresco, piacevole, con tannini fini, è nitido e facile da bere.
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Autrefois Schiller de Fully ’12
Assemblaggio di vino rosso (85% di gamay da vecchie vigne) e bianco (15% di petite arvine) lavorati in legno di larice. Al naso genziana e frutti rossi, mentre il palato è ruvido nei tannini e un po’ austero, con di nuovo note di genziana (il larice? Si sentiva anche nel Les Temps Passés), per un vino che non è nelle mie corde.
- Valutazione:
Racines de Fully ’12
Da vecchie vigne (da 30 a 70 anni) di gamay piantate ad alberello a 17.500 piedi per ettaro! Al naso leggeri sentori di sottobosco e affumicatura, frutti rossi ed erbe aromatiche. Al palato torna un po’ la ruvidezza del precedente, e poi in questo momento si sta un po’ chiudendo (e si sente anche un po’ l’alcol).
- Valutazione:
Racines de Fully ’10
Naso secondo lo stile della casa, preciso, elegante, sul frutto con sfumature di liquirizia, e palato nitido e coerente, con tannini meno marcati e più integrati, per un vino maturo e allo stesso tempo teso e fresco, di buona lunghezza. Da uve al 20% non diraspate e da un’annata maturata tardi (forse da qui la maturità del frutto).
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Assemblage ’10
70% petite arvine, il resto pinot grigio e marsanne. È stato il primo anno che ha lavorato con lieviti indigeni e qui gli sono rimasti 25 grammi di zucchero residuo, come dimostrano i profumi di caramella e un palato nettamente meno preciso degli altri vini presentati.
- Valutazione:
Petite Arvine ’11
Naso elegante, fresco, con sentori di fiori d’arancio. Palato coerente, nitido, forse al limite della fragilità ma preciso, lungo e con una sfumatura dolce mai pesante.
- Valutazione:
Senza Nome (Olivier non ha ancora deciso come chiamarlo)
Olivier ha realizzato anche un vino liquoroso che ha tra i 7 e gli 8 gradi alcolici, di cui ha una feuillette (mezza barrique) e una damigiana, 75% petite arvine e 25% pinot grigio. Al naso il pinot grigio (vendemmiato a 210° Ochsle) si fa valere, con spiccate note di pera, poi tanta densità senza stucchevolezza, anzi tanta eleganza e finezza, con un finale fresco e lungo particolarmente affascinante nelle sue note di confettura di pera e albicocca.
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