
Continuità. Se dovessimo definire con una sola parola il Domaine Jayer-Gilles il termine giusto sarebbe questo. Gilles Jayer lo ha ripetuto spesso durante la nostra visita, a proposito del modo in cui lavora in cantina, ma sono soprattutto i suoi vini a dichiararlo a chiare lettere. Di fronte alla domanda se avesse cambiato qualcosa rispetto al modo in cui lavorava il padre, ci ha detto che in cantina non aveva cambiato praticamente nulla (a parte l’utilizzo di barrique con una tostatura più leggera), mentre aveva cambiato qualcosa in vigna, con l’aratura del suolo e la decisione di non usare più diserbanti.
La cosa più importante per Gilles Jayer è ottenere dei vini di struttura ma senza sovraestrazione (“Oggi spesso sembra più di avere a che fare con dei Côtes du Rhône che con dei Borgogna”) e senza strane tecniche (“Ci sono quelli che prima raffreddano, poi riscaldano…”). Tutti i rossi fanno 100% legno nuovo.
Insomma, una visione che si può definire tradizionale o conservatrice, a seconda del punto di vista, ma che alla fine ha come risultato vini un po’ stile anni ’90, in cui le note del legno giocano un ruolo determinante nella costruzione del profilo aromatico e del corpo del vino, fermo restando la notevole capacità di invecchiamento e di assorbimento del legno dimostrate anche nelle denominazioni non certo di vertice.
L’azienda conta su poco più di 11 ettari di vigneti, situati soprattutto nelle Hautes-Côtes, cui si aggiungono due gioielli, poco più di mezzo ettaro di Echézeaux e 0,11 ettari del Premier Cru di Nuits-Saint-Georges Les Damodes, e 0,35 ettari di un notevole lieu-dit a Nuits, Les Hauts Poirets.
Da sottolineare che i suoi Hautes-Côtes Blanc provengono da un blend di chardonnay e di pinot Gouges, una mutazione in bianco di pinot nero selezionata da Henri Gouges negli anni ’40 e piantata dal padre negli anni ’60.
Come dovunque anche da Jayer-Gilles la raccolta 2012 è stata molto inferiore per quantità alle precedenti. Se nel 2011 rispetto alle usuali 70.000 bottiglie annue c’era stato un calo del 30%, nel 2012 il calo è stato del 60%.
Tutti i vini del 2011 sono campioni da botte.
Hautes-Côtes de Nuits blanc ’08
Buona materia e frutto, presenta ancora toni leggermente burrosi ma è di grande tenuta acida. Un bell’esempio di un “piccolo” vino che surfa con successo sull’onda degli anni.
Hautes-Côtes de Nuits Rouge ’08
Al naso un po’ fungino con note di nocciolo di ciliegia fa seguito un palato con molta grinta e di buona lunghezza, anche se resta un po’ allappante e rustico.
Hautes-Côtes de Beaune Rouge ’11
Si sente in maniera evidente il legno, ma sotto esce un buon frutto e una notevole materia per un Hautes-Côtes.
Hautes-Côtes de Nuits Rouge ’11
Più grinta, nervo, frutto, e anche tannini più belli rispetto all’omologo di Beaune, ma sempre con queste note di legno che non mi permettono di godermelo appieno.
Côtes de Nuits ’11
Un naso in cui manca un po’ di precisione aromatica, ma dal palato grintoso e con un lungo finale che spinge sul frutto.
Nuits-Saint-Georges Les Hauts Poirés ’11
Da vigne di 60 anni, presenta un naso complesso, ricco di frutto, e un palato coerente, con tanta materia, avvolgente e di buona lunghezza.
Nuits-Saint-Georges 1er Cru Les Damodes ’11
Da vigne di 65 anni. Davvero tanto frutto, ma i caratteri principali dello stile Jayer-Gilles restano sempre in evidenza: note aromatiche legate al legno, tannino in evidenza, e un finale lungo, che ritrova sensazioni fruttate, ma allappante.
Echezeaux ’11
Anche in questo caso le vigne hanno circa 60 anni. Naso più fine e complesso dei precedenti, che assume in pieno il suo status di Grand Cru. Palato molto ricco, pieno, così intenso da superare il tono generale di vaniglia dovuto al solito eccesso di legno, con il classico finale di notevole persistenza che lascia presagire una bella tenuta nel tempo, anche se il dubbio se riuscirà mai ad assorbire e far dimenticare le sensazioni legnose mi resta. Comunque è senza dubbio il più convincente in questo esercizio.
[Foto di winehog.org]
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