
Ci sono occasioni in cui viene voglia di aprire bottiglie particolari, soprattutto quelle con qualche anno sulle spalle. Ci siamo così ritrovati con un piccolo gruppo di amici allo Scoglietto di Rosignano Solvay di Claudio Corrieri, ognuno con qualche bottiglia portata per l’occasione, comprese quelle di Claudio.
Duval-Leroy
Champagne Femme ’95 (magnum)
Mi aspettavo di più. Piacevole, pulito, di buona freschezza, ma poco brillante e senza la complessità attesa e proclamata dalla maison.
Moncuit
Champagne ’96 (magnum)
Ecco un “semplice millesimato” davvero spettacolare: gradevolissimo, nitido, fresco, svolge pienamente il suo ruolo di Champagne da aperitivo con una brillantezza e una sapidità che sfidano il tempo, grazie anche probabilmente a un’annata tra le più belle degli ultimi quarant’anni.
Fallet-Prévostat
Champagne Grande Cuvée ’00
Gli Champagne di Fallet-Prévostat sono sempre delle vere e proprie chicche, peccato che vista l’età dei proprietari e le piccole quantità prodotte non potremo goderne per molto ancora. La Grande Cuvée 2000 è stata realizzata per il 2000 con vini di varie annate, probabilmente principalmente degli anni ’80. Ecco allora una serie di profumi di grande complessità, per un naso ricco di sfumature, che vanno dalle note floreali a quelle più tipiche del pane grigliato. Il palato è giustamente evoluto, in grado di dare tutte le soddisfazioni agli amanti di Champagne maturi, nel pieno del loro splendore. Profondo e bellissimo.
Dom Pérignon
Champagne Rosé ’92 (magnum)
Prodotto in piccole quantità e dal prezzo davvero esclusivo, si presenta con profumi eleganti, fini, con note di rosa, mora di gelso, spezie dolci, e ancora frutti rossi, terra bagnata, forno, pasticceria. Il palato è lungo, intenso, fresco e austero, ancora segnato dalle note di frutti rossi, in grado di unire tensione e complessità ad una straordinaria bevibilità. Spettacolo allo stato puro.
Francis Cotat
Sancerre La Grande Côte ’96
La maison Cotat prima della divisone tra François e Pascal. Un archetipo per i grandi bianchi da invecchiamento fuori della Borgogna. Una sequenza rutilante di profumi, dalla rosa al litchi, dal pompelmo alle foglie di limone, per un naso fresco e complesso insieme. Al palato dà subito l’impressione di essere ancora molto giovane. Vibrante, minerale, elegante, ha note di agrumi e spezie, con i tipici sentori di pietra focaia. Una sola parola per descriverlo: splendido.
Jean Louis Chave
Hermitage Blanc ’90
Ecco un altro caso in cui apprezzo particolarmente avere dei gusti eclettici in fatto di vino. Dopo il Sancerre, acido e minerale, arriva sul tavolo questo opulento Hermitage. I profumi di burro fuso, anice stellato, mango e nocciola fanno da preludio a un palato di straordinaria grassezza che non indulge però in nessuna pesantezza, grazie al sostegno di una sapidità e una mineralità fuori del comune. Dinamico, con i suoi vent’anni estremamente ben portati (alla faccia di chi pensa che data l’annata calda tutti i ’90 siano ormai da lavandinare), dopo un’ampia sequenza di note fruttate si chiude lungo con un leggero sentore di idrocarburi e un trionfo di erbe mediterranee.
Château Malartic-Lagravière
Graves Blanc ’53
La più bella sorpresa della serata. Un Graves bianco che ha abbondantemente superato il mezzo secolo e che sfida il tempo davvero in scioltezza. I profumi sono di buccia d’arancio candita, noce moscata, nocciole tostate e spezie. Il palato è un piccolo miracolo; ancora dinamico e in piena spinta, alle note di cedro candito si succedono fiori ed erbe aromatiche secche, su un tessuto morbido ma senza cedimenti, lungo, luminoso e di grande godibilità.
Volevamo chiudere con un italiano. Ecco allora il
Borgogno
Barolo 1947
in cui però sono le sensazioni di alcol e centerbe a dominare, sia al naso che al palato. Non un vino morto, ma certo con un’evoluzione spinta e che secondo me non è andata nella migliore direzione. Senza voto.
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