
Un sangiovese in purezza giocato sulla finezza
A volte una classica “presentazione aziendale” si trasforma nella possibilità di riflettere sul modo in cui lavoro e di rimettermi in discussione.
Il rischio – quando gli anni passati a degustare, assaggiare, bere decine di migliaia di vini cominciano a diventare tanti – è quello di congelare certi vini e certe aziende nell’impressione che ne ho avuto anni fa, senza tenere conto che col passare del tempo tutto cambia, e non parlo solo del vino in bottiglia ma anche dei proprietari, delle impostazioni aziendali, dell’età dei vigneti e infine della realizzazione dei vini.
Ci si ritrova così a non assaggiare per molto tempo certi vini solo perché “tanto li conosco e non mi piacciono granché”. Qualcosa del genere mi è successo con i vini di Riecine. Il ricordo dello stile del suo storico supertuscan da sangiovese in purezza La Gioia ha condizionato la mia visione di questa azienda, congelandola ai “ruggenti anni ’80”.
È così che un pranzo accompagnato dalle varie etichette di quest’azienda è diventato l’occasione per rivedere alcune convinzioni e per riscoprire i loro vini, tutti, a parte il bianco Sebastiano, da uve sangiovese.
Il Riecine di Riecine, che nasce dai vigneti storici dell’azienda, situati a 500 metri sul livello del mare, è un vino luminoso, fresco e dinamico, sapido ed elegante. Per quanto mi riguarda, e per quanto scritto sopra, una vera scoperta, una lettura del sangiovese lontana anni luce da quella che mi ricordavo, in cui la purezza espressiva del vitigno e del territorio sono giocate sulla delicatezza e la finezza.
Anche gli altri vini aziendali sono cambiati, ma sono più “riconducibili” alla storia di Riecine. Vini comunque meno massicci e meno segnati dal legno rispetto a qualche anno fa, anche se più attenti alla potenza e alla pienezza che alla tensione.
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