
Quando i grandi vini francesi si affacciano sul Mediterraneo
Quando si parla di vini francesi la sensazione è che per gli appassionati italiani esistano solo tre regioni: Bordeaux, Borgogna e Champagne. Il risultato è che in Italia i vini del sud della Francia non sono né molto apprezzati né frequentati, forse perché troppo vicini per stile a molti nostri vini o forse solo per snobismo e poca conoscenza. Ecco perché non mi sono lasciato sfuggire l’occasione di partecipare alla degustazione che si è svolta a inizio aprile alla Rimessa Roscioli a Roma.
La degustazione era centrata su due monumenti dell’AOC Bandol, Château Pradeaux e Domaine Tempier, ma la disponibilità di tre vecchie annate di Palette Blanc di Château Simone è stata decisiva per ampliare anche a questo vino la serata. Se la denominazione Palette è una piccola realtà di una cinquantina di ettari (di cui circa la metà di proprietà di Château Simone), Bandol è uno dei più illustri vigneti di Francia e conta su quasi 1500 ettari vitati piantati principalmente a mourvèdre, situati in un anfiteatro di colline, protetto dal massiccio della Sainte Baume, che digrada verso il mare. Due denominazioni molto differenti, una famosa per questo unico vino bianco, l’altra per una produzione rossista considerata come uno dei vertici della viticoltura francese, che mettono in primo piano due uve poco considerate e poco utilizzate: la clairette per il Palette e il mourvèdre per il Bandol.

Degustazione Bandol e Palette
Château Simone
Château Simone è uno dei nomi più famosi della scena provenzale e non solo. L’azienda è situata nella AOC Palette, pochi chilometri a est di Aix En Provence, proprio di fronte a Sainte-Victoire, la montagna tante volte dipinta da Cézanne, ed è proprietà della famiglia Rougier dal 1830. Da vigne di una media di cinquant’anni, con ceppi più che centenari, composte da clairette per l’80%, cui si affiancano 10% di grenache blanc, 5% di bourboulenc, 3% di ugni blanc e 2% di muscat blanc, nasce un bianco straordinario, che pur se già piacevole nei primi anni, acquisisce complessità e fascino col passare del tempo, tanto da essere al meglio, almeno per la mia esperienza, tra i 10 e i 25 anni di età.

Chateau Simone
Château Simone, Palette Blanc 2006
Splendido, un bianco dallo stile mediterraneo come se ne incontrano pochi. Macchia mediterranea, cera d’api e spezie al naso, al palato è sapido, fresco, lungo ed elegante, grintoso e insieme finissimo, per un vino in piena forma e ancora in spinta dopo 13 anni.
Château Simone, Palette Blanc 2005
Da annata più calda, è meno scattante e grintoso, ma si riscatta grazie alle ricche e affascinanti note saline che accompagnano un corpo complesso e avvolgente, di bella tenuta e lunghezza.
Château Simone, Palette Blanc 2004
Un tappo non perfetto lo ha reso non valutabile. Peccato, perché l’entrata sul palato prometteva davvero bene.
S.V.
Château Pradeaux
Château Pradeaux a Bandol è l’alfiere della tradizione. Situato a Saint-Cyr-Sur-Mer è proprietà della famiglia Pontalis dal 1752. Lontano dalle mode, il Bandol Rouge nasce dalle migliori vigne dei 23 ettari aziendali dedicati alle uve rosse ed è composto dal 90 al 95% da mourvèdre, accompagnato da un po’ di grenache delle vigne più vecchie. Le rese sono inferiori ai 35 ettolitri per ettaro. Da uve non diraspate vinificate in vasche di cemento, matura fino a 48 mesi in botti che vanno dai 40 agli 80 anni di età. Famoso per essere un vino che poco si concede in gioventù e di grande austerità, viene spesso messo in secondo piano durante le degustazioni per le guide, che tuttavia gli hanno sempre riconosciuto la peculiarità di affinarsi e guadagnare in eleganza col passare degli anni, fino a essere spesso accostato per la sua capacità di invecchiamento ai grandi cru di Bordeaux.

Château Pradeaux
Château Pradeaux Bandol Rouge 2010
Tapenade di olive nere e macchia mediterranea, tra i più classici profumi dei vini del Sud della Francia, seguiti da note di chiodi di garofano, liquirizia e violetta, accompagnate da sfumature ematiche e tannini duri ma di notevole fattura e maturità. Insomma un Bandol “comme il faut”, dal finale particolarmente austero, ancora molto giovane ma anche molto promettente.
Château Pradeaux Bandol Rouge 2001 magnum
Anche qui a dominare è la macchia mediterranea, con sentori balsamici e speziati, per un palato grintoso e lungo, con fresche note floreali, anche in questo caso ancora giovane e in pieno sviluppo, ma dai tannini già molto eleganti e ben integrati. Si è rivelato un compagno perfetto per la cacio e pepe…
Château Pradeaux Bandol Rouge 1995 magnum
Straordinario. Un vino elegante, dai tannini dolci e setosi, con note di liquirizia e cacao a stagliarsi su di un finissimo tessuto aromatico floreale. Equilibrato e di grande lunghezza, dimostra come i Bandol di Château Pradeaux si esaltino con il passare degli anni, acquisendo complessità e delicatezze davvero poco leggibili nei primi anni di bottiglia, quando il tannino del mourvèdre li copre e un po’ li banalizza. Un grandissimo vino mediterraneo, senza se e senza ma, al massimo della sua espressività dopo quasi un quarto di secolo. Il vino più buono della serata.
Château Pradeaux Bandol Rouge 1993
L’annata particolarmente difficile ha lasciato in eredità dei tannini verdi e graffianti che neanche 26 anni in bottiglia hanno potuto ammorbidire. Di bella tenuta e grinta, manca dell’eleganza dispensata a piene mani dal ‘95.
Valutazione:
Domaine Tempier
Domaine Tempier, all’opposto di Château Pradeaux, ha saputo in questo ultimo decennio affermarsi come il rappresentante più apprezzato della denominazione, proponendo vini che si lasciano bere con grande piacere fin dall’uscita sul mercato. Non per questo si può parlare di un approccio particolarmente moderno. Le rese anche qui sono molto basse, inferiori ai 35 ettolitri per ettaro, e la maturazione avviene in botti grandi, dai 2500 ai 7500 litri, per 18-20 mesi. Proprietà della famiglia Tempier fin dal 1834, il Domaine Tempier conta su 38 ettari suddivisi in vari vigneti in differenti zone della denominazione. La scelta dell’azienda è stata quella di vinificare separatamente i vigneti più significativi per produrre, oltre alla cuvée classica, tre veri e propri cru, differenti per le percentuali di uve utilizzate. La Migoua secondo le annate conta da un 50 a un 65% di mourvèdre, accompagnato da una insolitamente grande presenza di cinsault, spesso più del 25%, e poi grenache (20% circa) e syrah (dal 2 al 4%). La Tourtine è composto di mourvèdre per l’80%, cui si affiancano un 10 % di cinsault e di grenache, mentre Cabassaou vede il 95% di mourvèdre, accompagnato dal 4% di syrah e dall’1% di cinsault. Tutte le vigne vanno dai 40 ai 50 anni di età.

Domaine Tempier
Domaine Tempier Bandol Rouge La Migoua 2011
Altro stile. Al naso è elegante, delicato, con ricche note speziate, con un palato ricco e caldo, fitto, dai toni di macchia mediterranea, leggermente balsamico, morbido, con un finale pastoso e alcolico.
Domaine Tempier Bandol Rouge La Tourtine 2008
Qui i toni dominanti sono quelli speziati, con note di inchiostro, liquirizia e frutti rossi, per un palato ancora una volta morbido e avvolgente, ma con tannini ancora un filo allappanti che lasciano il segno.
Domaine Tempier Bandol Rouge La Tourtine 2005
Tanta china, e poi note di spezie dolci, mentre il palato è fitto, con una materia importante e tannini morbidi e ben integrati.
Domaine Tempier Bandol Rouge Cabassaou 2012
Il cambio di passo è evidente, nonostante la giovinezza. Teso, fresco e grintoso, con spiccate note iodate-salmastre e di frutti rossi, è elegante, equilibrato e dinamico, lunghissimo. Un grande rosso mediterraneo già da bere ma che promette un futuro radioso.
Domaine Tempier Bandol Rouge La Migoua 1995
Si conferma la bontà dell’annata: materia e morbidezza, con un frutto rosso maturo accompagnato da note di china e liquirizia, per un vino di notevole piacevolezza, ma dalla spiccata nota alcolica finale. Buono, ma non all’altezza del coetaneo di Château Pradeaux.
Domaine Tempier Bandol Rouge La Tourtine 1999 magnum
Bello, fine ed elegante (negli anni ‘90 raramente si superano i 13 gradi) è grintoso e ancora fresco, con note di scorza d’arancio, per un finale pieno e morbido, con toni di frutti rossi dolci, lungo e piacevolissimo, voluttuoso, tutto da bere. Se ci fosse stato ancora bisogno di confermare la vocazione all’invecchiamento del Bandol, questo vino lo fa alla grande: vent’anni e ancora sul frutto. Allo stesso tempo goloso e profondo.
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Una degustazione molto interessante, nel tuo stile Paolo, vini non scontati, che esprimono qualcosa in più …..sarebbe stato bello esserci. Alla prossima!