
Indirizzo: | via Canè, 2/C - 36035 Marano Vicentino (VI) |
Telefono: | 0445 1886367 |
Sito internet: | www.elcoq.com |
Giorno chiusura: | domenica e lunedì a pranzo |
Fascia di prezzo: | 70 - 100 euro |
Tipo di locale: | ristorante |
Carte di credito: | tutte |
Andateci per: | provare emozioni insolite |
Aggiornamento del 15/05/2016: El Coq, il ristorante di Lorenzo Cogo a Marano Vicentino, a metà luglio si sposterà a Vicenza, nella sede dello storico Caffè Garibaldi.
Lorenzo Cogo: il coraggio e la forza delle idee!
Lorenzo Cogo è un ragazzo. Uno di quelli con la faccia pulita che, nonostante un po’ di barba, dimostra qualche anno in meno dei suoi ventotto. Se lo senti parlare è un vulcano in eruzione, grazie alle sue importanti esperienze in giro per il mondo (tra cui tanto Oriente), ma soprattutto alle sue idee, alle suggestioni che lo portano oltre i confini dell’ordinario. La cucina di Lorenzo Cogo, nel suo ristorante El Coq, è infatti una cucina vibrante, in cui l’istinto si fonde con le idee, l’improvvisazione con il progetto, l’equilibrio con il “rumore”.
La ricerca dei contrasti lo conduce a proporci un dolce che è l’antitesi di come immagineremmo un dessert, ovvero una torta di mele con daikon e carbone, di un’amarezza traumatica, un atto violento per il palato, un grande punto interrogativo per la mente e un’emozione indelebile. Una portata che rappresenta meglio di qualsiasi disquisizione teorica la cucina di Cogo. Siamo forse oltre il confine del buono e non buono, equilibrato non equilibrato, siamo in una dimensione concettuale dove si ricercano nuove sintesi, come nel risotto con la senape e il bitter, che resterà nei nostri ricordi a lungo per l’inedita quadratura acida e per i tenebrosi cromatismi.
Guizzi di creatività, a seguire, nei finti sedanini di pasta che sono invece realizzati con gambi di prezzemolo e spinaci con burro di capra e lumachine di terra. Poi il piatto più riuscito: lo sgombro affumicato in acqua di pomodoro e wasabi, geniale per la straordinaria unione dell’affumicato con la pulizia del pomodoro. Dopo qualche portata sarete in balia dello chef, della sua personalità e del suo coraggio, e attenderete con trepidazioni tutte le portate, rigorosamente misteriose, perché non indicate nel menu. A questo punto riuscirete a inquadrare anche alcuni piatti che giocano sul disequilibrio, come la straordinaria crema di patate con i cannolicchi, aneto e paprika, un divertissement di consistenze sferzate da un “eccesso” di affumicatura, che in realtà non è un eccesso ma è il gioco nel quale siamo proiettati. Infine l’omaggio alla barbabietola, con gelato allo yogurt e fondo di tapioca. Un piatto dove, un po’ alla volta, si rivelano il dolce e il salato, la terrosità, le diverse consistenze e le diverse temperature.
Il resto dell’esperienza, fatto di gestione della sala e di servizio, sembra restare in secondo piano: le imperfezioni e i peccati di gioventù riscontrati, alla fine, risultano parte del gioco. Carta dei vini in divenire. Essendo il menu a sorpresa, ci siamo orientati su un vino trasversale, e abbiamo scelto lo Champagne “Les Roises” della Ulysse Collin, un blanc de blancs di carattere, che tuttavia nel nostro bicchiere aveva perso un po’ di freschezza e di nerbo.
P.S. Da martedì a sabato pranzo “bistrot”.
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