
Che l’olio extravergine d’oliva – quello buono, vero, di qualità – non sia solo un “grasso” ma un vero e proprio ingrediente capace di esaltare e modificare (o rovinare, nel caso invece di un prodotto scadente) dovrebbe essere ormai un dato di fatto condiviso non solo dai consumatori ma soprattutto da cuochi e chef.
Anche se la cosa non riguarda ancora proprio tutti – basta vedere cosa arriva in tavola nella grande maggioranza dei ristoranti “medi” italiani – la capacità di scegliere, servire, usare e abbinare uno o più oli extravergine al ristorante (e pure in pizzeria) sta prendendo sempre più piede nel nostro Paese: molto dipende dalla consapevolezza e “buona volontà” dello chef, ma in parte anche da quanto è diffusa la cultura dell’olio nel territorio dove opera.
In Umbria, regione tra le più vocate e dove la qualità media dell’olio è davvero notevole, di giovani chef attenti all’extravergine ce ne sono diversi e in gamba; ne abbiamo avuto un assaggio in occasione del Premio Flaminio (https://www.olioflaminio.it/premio-flaminio/), voluto e organizzato dalla Società Agricola Trevi Il Frantoio e soprattutto da Irene Guidobaldi, che guida il frantoio insieme al padre Angelo, che segue gli uliveti, e al fratello Ernesto, assaggiatore e responsabile della produzione.
Arrivato alla seconda edizione, il Premio Flaminio non è tanto l’ennesimo contest per solleticare ego e senso di competizione degli chef ma soprattutto un’occasione di stimolo (e anche di confronto tra loro, come dimostrato dagli abbracci finali e dagli applausi e grida di incoraggiamento che arrivavano dalla cucina) per far crescere nei cuochi la consapevolezza dell’importanza dell’olio ogni piatto: l’unica regola del concorso è infatti quello di usare come ingrediente delle ricette in gara l’Olio Flaminio Dop Umbria Colli Assisi Spoleto. Monocultivar di Moraiolo raccolte a inizio ottobre nella zona di Trevi è tra le selezioni aziendali quella che più esprime il terroir, con spiccate punte di amaro e piccante – quest’anno più morbide ma moto armoniose per via dell’annata non facilissima, e con belle note di carciofo e mandorla – tipiche della varietà umbra per eccellenza.

I cuochi del Premio Flaminio 2017
Complessa e approfondita la scheda di valutazione che ci siamo trovati (insieme a chi scrive c’erano Michela Becchi, Alfonso Isinelli, Anna Maria Palma, Antonio Tombolini, Salvatore Vaccaro e la chef Cristina Bowerman a presiedere la giuria) a dover compilare per ogni concorrente che comprendeva l’aspetto estetico del piatto, i profumi, l’equilibrio di sapori, aromi e consistenze e anche e soprattutto la capacità o meno di valorizzare l’extravergine.
Tutti di livello i piatti presentati dai dieci concorrenti che li hanno preparati e presentati nelle cucine e nella sala del Terziere, bell’albergo e ristorante alle porte di Trevi: giovani e giovanissimi – il record spetta a Sofia Minelli, 15 anni, studentessa dell’Alberghiero e in cucina nel ristorante di famiglia a Perugia, Il Pollastro, che ha ricevuto una menzione speciale per il suo coraggioso baccalà arrosto con crema di aglio affumicato, wasabi e olio extravergine – ma quasi sempre con le idee molto chiare.
Ecco i tre piatti e cuochi che si sono piazzati sul podio del Premio Flaminio 2017
Al terzo posto la chianina in vasocottura di Michele Caporicci dell’Osteria della Torre di Castel Ritaldi: giocato sulla semplicità e intensità di pochi ingredienti, era un piatto di pancia ma con una sua eleganza a base di bocconcini di Chianina ben frollata (tenerissima) cotta al forno nella cocotte sigillata con olio, vino Trebbiano e profumatissimo timo in cui intingere l’ottimo pane integrale fatto dallo stesso Michele.

Chianina in vasocottura
Secondo, Vittorio Ottavi del ristorante Ottavi Mare di Bevagna che, come si può intuire dal nome, punta tutto sulla cucina di pesce. Vittorio – appassionato e competente conoscitore dell’extravergine come ci ha dimostrato con il suo discorso di presentazione del piatto – ha preparato il baccalà in oliocottura con bruschetta liquida, maionese di baccalà (ottenuta “estraendo” dal baccalà tutto il collagene, con la conseguenza però di levare troppo sapore al pesce servito mantecato a mio parere) e cialda di pane insaporito con polvere di scorza di kombava, agrume fresco e aromatico; la parte più interessante del piatto era senz’altro la bruschetta liquida, ottenuta emulsionando la mollica di pane con olio extravergine a filo e fumetto di baccalà fino a ottenere una consistenza cremosa e un sapore che ricordava in modo singolare quello della melanzana.

Baccalà in oliocottura
All’unanimità, il Premio Flaminio è andato a Maikol Piccioni de La Cucina di San Pietro a Pettine a Trevi, che ha presentato una ricetta piuttosto elaborata ma perfettamente riuscita: tortelli di passatelli di pane e olive taggiasche cotti in un consommé di culaccia e nocciole serviti con una passatina di melanzane arrostite, caviale di tartufo e aria di olio Flaminio Dop Umbria Colli Assisi Spoleto. Un piatto insieme tecnico – consistenze perfette tra sfoglia e ripieno, abbinamenti indovinati nonostante le melanzane siano ormai fuori stagione – e di pancia, molto rotondo ma per nulla stucchevole. Interessante pure l’aria di olio che, nonostante fosse a base di due grassi come extravergine e panna, non risultava invadente. Insomma, un gran bel piatto davvero.

Tortelli di passatelli
Ma anche altri piatti – pur se meno riusciti nel complesso – dimostravano idee, tecnica e un buon uso dell’olio. Per esempio, ho trovato davvero interessante la “cagliata” di extravergine – una sorta di crema gelatinosa dal sapore intenso ottenuta gelificando olio e acqua con agar agar – che Flavia Marrone del Forchetta Bistrot di Ponte San Giovanni ha inserito nel suo insolito Per Queneau (esercizi di stile applicati al pinzimonio moderno) insieme a ortaggi e crumble di pane in una girandola di colori e sapori.
[Credits fotografici: Luciana Squadrilli, Premio Flaminio, Tgc Eventi]
Resta aggiornato sul mondo del food & wine, leggi le ultime notizie enogastronomiche Scopri tutti gli eventi in programma |
Lascia un commento