A partire da ieri sera (ma poi sarà aperto a pranzo e cena tutti i giorni tranne il mercoledì) i romani potranno godersi Spazio, il format creato da Niko Romito – chef del tristellato Reale di Castel di Sangro – come saggio spin off della sua scuola di cucina Niko Romito Formazione ospitata sempre nella sede abruzzese di Casadonna, accanto al ristorante.
Una novità importante per la ristorazione capitolina e anche per l’offerta gastronomica di Eataly Roma, che – dopo un lungo corteggiamento, a quanto ha raccontato Oscar Farinetti alla presentazione alla stampa del progetto – ospita Spazio al posto del poco fortunato ristorante Italia che aveva chiuso qualche mese fa.
L’ambiente è stato ridisegnato in perfetta sintonia con il concetto alla base di Spazio – semplicità curata – riprendendo alcuni elementi di Casadonna, quelli più caldi e materici, tra cui spiccano le pareti di legno invecchiato e gli scenografici mini-lampadari ognuno diverso dall’altro. Una bella sintesi tra tradizione e modernità, accentuata dal panorama “industriale” che si apre davanti alle vetrate del locale.
Ma torniamo a parlare di contenuti, non certo meno importanti del contenitore: Niko racconta che l’idea di Spazio è venuta ragionando con Gaia Giordano, sua collaboratrice nel programma Niko Romito Formazione, su cosa mancasse all’offerta formativa da loro proposta, che per garantire altissimi standard ha un costo tra i più alti d’Europa: il corso di Cucina Italiana Professionale costa 18.500 euro per 5 mesi di lezioni di teoria e pratica (ma grazie all’accordo con un istituto bancario la retta di può pagare con il prestito d’onore sulla falsariga del sistema americano, per permettere a tuti di potervi accedere).
La risposta è stata “il lavoro”. Secondo lo chef, infatti, non può esserci una formazione completa senza contatto con il mondo del lavoro perchè, spiega, “in tre mesi di lavoro sul campo si acquistano velocità e padronanza che è impossibile raggiungere durante gli studi, gli errori e le critiche fanno crescere molto più in fretta». È nato così lo scorso anno Spazio a Rivisondoli, nel locale di famiglia che fino a qualche mese prima ospitava il Reale e che i Romito erano pronti a vendere. Invece, hanno deciso di stringere i denti e dedicare un ristorante già bell’e pronto a dare spazio, appunto, alla messa in pratica degli insegnamenti elargiti, aggiungendo al programma formativo 100 giorni di lavoro retribuito. Idea di successo che adesso rriva anche a Roma ed è pronta ad essere replicata anche altrove.
Spazio quindi è una “palestra” per gli allievi della scuola, ma è anche un nuovo concept di ristorazione che nell’idea di Niko può essere un valido punto di contatto tra il pubblico più ampio e l’alta ristorazione. «L’alta cucina non va banalizzata – prosegue lo chef – bisogna arrivarci con il giusto approccio, altrimenti si rischia di non comprenderla e di rimanerne delusi, facendo anche delle critiche ingiustificate».
Ben venga quindi anche una “palestra” per i palati meno allenati, che grazie anche ai prezzi popolari – a Roma saranno 12 euro per antipasti e primi, 15 per i secondi che arrivano con il contorno, 6 per i dolci, per una media di 35-40 euro senza bevanda che rispecchia il prezzo medio di una trattoria romana – può aiutare ad avvicinarsi a una cucina più evoluta ma non indecifrabile (che, sottolinea Oscar Farinetti, è lo stesso obiettivo di Eataly) o come sintetizza molto efficacemente Romito, “complessa ma non confusa”.
Ancor più che nella cucina del Reale – dove è evidente la ricerca di essenzialità e apparente semplicità in piatti che richiedono una grandissima tecnica e una lunga preparazione – da Spazio infatti è protagonista una cucina semplice, basata su prodotti di stagione e di piccoli artigiani, che si tratti di quelli presenti da Eataly Roma o quelli portati dall’Abruzzo, in uno “scambio di saperi” che potrebbe creare nuove sinergie. Secondo Niko uno dei compiti del cuoco è anche quello di far conoscere i prodotti e raccontare da dove arriva ciò che si mangia. Saranno infatti gli stessi ragazzi della cucina a portare a tavola i piatti e a raccontarli ai clienti, formula già sperimentata all’estero (vedi In De Wulf, nelle Fiandre) ma del tutto nuova in Italia.
Grande attenzione anche alla parte “vegetale”, e alla salute: nel menu saranno segnalati con un asterisco i piatti senza grassi aggiunti oltre a quelli contenuti negli ingredienti stessi, e non saranno pochi. Per esempio, la zuppa di cavolo o il rombo al vapore con maionese e olive, dove la maionese viene montata con il collagene della pelle del pesce. E poi le fettuccine con cime di rapa e vongole o il pollo con carciofi e patate in cui la pelle (la parte più grassa) viene levata ma sostituita da una “finta pelle” di patate che ne restituisce la deliziosa crosticina croccante. Fondamentale lasciare parlare i sapori “base”, ben identificabili, perchè «In Italia, con il patrimonio che abbiamo, è obbligatorio fare attenzione alla riconoscibilità dei prodotti».
Ultima nota sull’aspetto occupazionale e formativo del progetto: i 15 nuovi addetti – 12 in cucina inclusi i responsabili Gaia Giordano e Federico Campolattano, 3 in sala selezionati e formati da Enrico Camelio – si aggiungono ai 532 dipendenti di Eataly.
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