
Racconto di un viaggio alla scoperta della migliore agricoltura italiana.
Uno zainetto con dentro il necessario per gli appunti e la voglia di conoscere qualcosa di nuovo sull’Italia che mangia e, soprattutto, che lavora senza lagnarsi; sull’Italia che produce (quasi nell’ombra).
È questo l’equipaggiamento che Giorgio Boatti (1948, giornalista, storico e scrittore) ha a disposizione per attraversare il Bel Paese, anzi il Paese ben coltivato, come recita il titolo del libro in cui l’autore nato a Zinasco racconta il suo peregrinare in lungo e in largo per la penisola alla ricerca delle aziende agricole più innovative e importanti d’Italia.
Un diario di viaggio che si rivela una vera e propria guida all’agricoltura nostrana, ai prodotti che fanno parte del nostro patrimonio (perché no? Culturale), che Boatti racconta con l’entusiasmo di chi scopre qualcosa di inaspettato. E questo entusiasmo ce lo trasmette, facendoci venire voglia di partire (ciò che rende un libro di viaggio un ottimo libro di viaggio) per andare a vedere i produttori di frutti di bosco del Trentino, gli olivicoltori della Liguria, le varietà di uva da tavola della “Racemus”, la produzione del radicchio di Chioggia, ma anche la potatura della vite al ritmo di De André fatta dagli studenti di un istituto agrario e tutte le altre sfide vinte da chi, magari cambiando vita radicalmente, ha deciso di tornare alla terra e di investire in essa, dimostrando che l’agricoltura italiana è (e quindi può essere) ancora viva e vitale.
Un viaggio insolito quindi, narrato anche con allegria (esilarante l’episodio del litigio con il navigatore che tenta di fargli guadare un fiume per “raggiungere la destinazione”) e che ci fa ricordare di quell’Italia che, come dice il significativo sottotitolo, torna alla terra e, forse, a sé stessa.
Giorgio Boatti, Un paese ben coltivato. Viaggio nell’Italia che torna alla terra e, forse, a se stessa, Bari, GLF editori Laterza, 2014.
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