
«Nelle comunità tradizionali il sistema alimentare si trova, con vari gradi di coerenza, embricato nella trama di relazioni che ancora modellano l’universo sociale e culturale. In tali ambiti, se è vero che mangiare non è mai semplicemente nutrirsi, il cibo si ostenta come ricettacolo di forza vitale. Le prescrizioni e i divieti che ne regolano l’assunzione sembrano intesi a segnalare e controllare “il potere” degli alimenti e, attraverso percorsi ritualizzati, convogliarne l’efficacia sul corpo sociale».
L’atto del consumo e della condivisione dei cibi, in Sicilia, non è mai la banale reazione alla sensazione di fame, da soddisfare in fretta per potersi dedicare agli impegni che si ritengono generalmente più importanti. Ogni pietanza contiene in sé un valore, ogni ingrediente ha un significato preciso: è innanzi tutto comunicazione e, il più delle volte, affermazione di status o atto di devozione verso la divinità (da secoli i santi, ma prima gli dei della fertilità, della terra, della luce, il cui culto sopravvive come conseguenza del sincretismo, della reinterpretazione in chiave cristiano-cattolica). Non sono rari i casi in cui la preparazione stessa di un piatto viene preceduta dalla razioni, cioè dire dalla preghiera finalizzata alla buona riuscita (Crisci e bbiddisci comu l’occhi di pisci. Santa Rosa e cori di Gesù, fallu vèniri comu una rosa [Cresce e abbellisce come gli occhi di pesce, Santa Rosa e Cuore di Gesù, fate che riesca (bello) come un rosa. Ndr]).
Con La tavola l’altare la strada. Scenari del cibo in Sicilia di Fatima Giallombardo (ex docente di Etnologia presso l’Università di Palermo) si va alla scoperta delle radici delle tradizioni enogastronomiche siciliane, soprattutto di quelle legate alle festività e che riflettono usi risalenti ad epoche di cui rimane questo e poco più. Tradizioni legate agli auspici di fertilità, simboleggiata in cucina dalla fava e dai semi in generale. Prodotti che sanno essere anche immagini della ciclicità della vita per la loro capacità di morire sotto terra e poi rinascere in primavera, stagione celebrata dai banchetti pubblici in onore di San Giuseppe.
Tutto è collegato nella Sicilia della tradizione: il culto, il convivio, il tramandarsi di ricette e formule.
Un percorso affascinante dunque, in cui scopriamo elementi inaspettati, per esempio sul valore dell’attualissimo street food, che sull’isola è in opposizione alla «cucina domestica declinabile al femminile», «cucina di strada» di destinazione maschile, caratterizzata dalla scelta di cibi che richiamano il crudo ed il ferino, quindi l’atto-rituale della caccia, come si vede dagli ingredienti di partenza: interiora di animali, e dalla modalità di cottura: alla brace.
Per le strade di Palermo o nei mercati storici è possibile acquistare stigghiuola (manicaretti di budella di vitello o agnello, arrostiti e conditi con sale e limone); a quarumi (bollito di interiora); oltre al più famoso pani ca meusa (panino con milza di bovino condito con sale e limone o pecorino).
Il viaggio prosegue con l’albero della cuccagna, con il quale «siamo davanti a una immagine potente dell’abbondanza alimentare come forma isomorfa a quella dell’albero, simbolo di perenne riproduzione vitale che periodicamente viene “offerta” al consumo umano, axis mundi fra universo ctonio e celeste» e arriva al «cibo giocato», con il gioco del Maiorchino (un formaggio di pecora stagionato tipico della Sicilia gallo-italica), gara caratterizzata dal lancio di pezzi di formaggio, a Novara di Sicilia. Il formaggio, interpretato come «misteryum casei», latte coagulato ridotto in forma (da cui il latino volgare formaticum) a cui fino al Settecento anche i colti philosophes attribuivano qualità oscure, al pari dei mangiatori semplici, cioè i contadini e i pastori che lo producevano. Non si capiva infatti come una sostanza tanto deperibile come il latte durasse così a lungo una volta trasformata in cacio.
Fatima Giallombardo affronta con occhio professionale, ma anche divertito, i rituali della tavola di ogni parte della Sicilia, ce ne fa scoprire le radici e le ragioni del loro mantenimento attuale.
La lettura scorrevole e intrigante si conclude con un vero e proprio ricettario della tradizione sicula che, va detto, può ben essere fonte di ispirazione per tutti i lettori (soprattutto sotto le feste).
Fatima Giallombardo, La tavola l’altare la strada. Scenari del cibo in Sicilia, Palermo: Sellerio, 2003.
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