
Quanto è accaduto, qualche mese fa, con le recensioni negative di Federico Francesco Ferrero (vincitore di Masterchef 3) su alcuni chef stellati mi dà lo spunto per tornare su una questione annosa.
Chi ha il diritto di critica? Chi può attribuire patenti di legittimità a criticare?
Lo stesso livore che la comunità degli addetti ai lavori in ambito food ha usato contro Ferrero l’ha usata e la usa abitualmente contro TripAdvisor. Ho letto di recente che, secondo alcuni, andrebbero aboliti i commenti degli “improvvisati” sui ristoranti. Il lucido Visintin ha subito stigmatizzato questa sollevazione da parte della comunità “ufficiale” della critica gastronomica segnalandone ambiguità e appiattimenti culturali. Come dargli torto.
Se TripAdvisor rappresenta un’agorà aperta a tutti, Ferrero dovrebbe avere qualche competenza certificata su questi temi, tuttavia se osa evidenziare sbavature di alcuni chef stellati allora diventa subito un demone incompetente, allo stesso modo del popolo di TripAdvisor.
Ma TripAdvisor è davvero il diavolo? A mio modesto parere è una domanda sciocca, è come chiedersi se le chiacchiere al bar sono una cosa seria oppure no.
Per me il dibattito potrebbe finire qui. Però provo lo stesso a rispondere alle ormai noiose obiezioni che si succedono sul tema.
Primo. Per scrivere un commento su un ristorante non serve la patente di “competenza”, ognuno ha i propri metri di giudizio, ognuno valuta i dettagli che ritiene più importanti, non si capisce perché food blogger, giornalisti, “gastrofighetti” debbano fissare i criteri ufficiali di valutazione e si alzino con il ditino dei censori.
Secondo. Tutti noi fortunati occidentali mangiamo più volte al giorno, potremo scrivere quel che ci pare in merito!
Terzo. Il web semplicemente amplifica ciò che ogni giorno succede intorno a noi, così come nelle comunità che frequentiamo: ufficio, palestra, amici, famiglia, ecc. Tutti noi abbiamo sentito in questi contesti sparare giudizi su chicchessia, ristoranti inclusi. Tutti noi ci siamo divertiti a polemizzare su questo e quello, quindi?
Quarto. Se qualcuno si diverte poi ad eccedere nei suoi sproloqui (anche diffamatori) esistono istituti giuridici a nostra tutela. Sul web vale lo stesso, tutto è amplificato certo, ma vale il medesimo principio. Quindi organizzatevi e, soprattutto, rispondete energicamente a certi recensori. Se invece volete abolire il web, allora la questione è un’altra…
Quinto. Io scrivo di ristoranti da anni, quindi dovrei odiare TripAdvisor, invece no. Rispetto anche coloro che scrivono palesi cavolate, che attribuiscono al ristorante colpe che in realtà dovrebbero risolvere con i loro analisti. Se chiedete consiglio a un edicolante o a un taxista (e chi non lo ha fatto) per un ristorante vi esponete al rischio della qualità della fonte, quindi? Se consultate TripAdvisor fatelo con intelligenza, magari andate su target specifici, dove forse conta di più il giudizio di pancia che quello tecnico.
Sesto. Se esistono società specializzate, come sanno tutti, nello scrivere su TripAdvisor giudizi per conto terzi e TripAdvisor non fa nulla per controllare il fenomeno, amen, vorrà dire che TripAdvisor perderà ogni barlume di credibilità, ne risponderanno gli azionisti della società, ma evitiamo proclami per favore…
Settimo. Io mi scandalizzo di più quando leggo commenti poco centrati su siti o riviste “ufficiali” che fanno della competenza il loro segno distintivo, ma anche qui pazienza, vorrà dire che non li leggeremo più, gli sponsor ne staranno alla larga. Tutto ciò si chiama mercato. Ma se c’è un mercato che premia TripAdvisor facciamocene una ragione, e non dimentichiamoci che il 95% dei ristoranti campano grazie al 95% di clientela non “esperta”, che magari premia di più un sorriso che un cibo non decongelato.
Ottavo. Food blogger & co hanno contribuito al alzare il livello di conoscenza e consapevolezza diffuse sul food, quindi evviva i food bloggers, non vorrei essere frainteso.
Nono. Alla fine della fiera i locali dove si sta bene e si mangia bene sono sempre lì, pieni di gente, e con tanti sorrisi da dispensare ai clienti, e qualche volta qualcuno di questi clienti avrà da ridire e sparlare perché magari non ha trovato le tagliatelle al ragù in un ristorante creativo.
Decimo. Il grande fratello TripAdvisor non esiste, siamo noi che lo abbiamo alimentato conferendogli più “potere” di quello che ha. Da sempre sappiamo che anche le guide “tradizionali” portano clienti, così come TripAdvisor, e sappiamo che anche su tali guide “tradizionali” ci sono tante leggende metropolitane. Poi ragazzi, qualcuno sceglie di leggere Philip Roth e qualcun altro sceglie di leggere uno scrittore minore (che magari vende più di Roth), quindi? Un po’ di leggerezza, grazie.
L’affaire Ferrero dimostra semplicemente che il problema non è chi scrive ma di chi legge, di chi ha un orizzonte culturale pieno di barriere, di chi non accetta opinioni dettate da parametri diversi dai propri, di chi si alza a nume tutelare di un diritto proprio ma non altrui.
Detto ciò io da Uliassi ho fatto una delle esperienze più belle della mia vita. Ma è stata la mia. E se Ferrero o chicchessia su TripAdvisor non la pensa allo stesso modo facciamocene una ragione. D’altronde facciamo attenzione, tutti noi critichiamo medici, squadre di calcio, cantanti, attori senza averne un titolo di “competenza”… Salute e mangiamoci su!
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