Questo secolo è nato, sul fondamento di una falsa interpretazione della civiltà industriale, sotto il segno del dinamismo e dell’accelerazione: mimeticamente, l’uomo inventa la macchina che deve sollevarlo dalla fatica ma, al tempo stesso, adotta ed eleva la macchina a modello ideale e comportamentale di vita. Ne è derivata una sorta di autofagia, che ha ridotto l’homo sapiens ad una specie in via di estinzione, in una mostruosa ingestione e digestione di sé.
È accaduto così che, all’alba del secolo e giù giù, si siano declamati e urlati manifesti scritti in stile sintetico, “veloce”, all’insegna della velocità come ideologia dominante. La fast-life come qualità proposta ed estesa ad ogni forma e a ogni atteggiamento, sistematicamente, quasi una scommessa di ristrutturazione culturale e genetica dell’animale-uomo. Uno stile adeguato al fenomeno, pubblicitario ed emozionale, di slogan intimidatori più che di razionali considerazioni critiche. Giunti alla fine del secolo non è che le cose siano molto mutate, anzi, la fast-life si è rinchiusa a nutrirsi nel fast-food.
Due secoli abbondanti dopo Jenner, i sistemi di vaccinazioni contro ogni male endemico ed epidemico si sono ormai imposti come gli unici che diano garanzie. Perché non seguire, allora, e assecondare la scienza nella sua lezione di metodo? Bisogna prevenire il virus del fast con tutti i suoi effetti collaterali. Perciò contro la vita dinamica propugniamo la vita comoda. Contro coloro, e sono i più, che confondono l’efficienza con la frenesia, proponiamo il vaccino di una adeguata porzione di piaceri sensuali assicurati, da praticarsi in lento e prolungato godimento. Da oggi i fast-food vengono evitati e sostituiti dagli slow-food, cioè da centri di goduto piacere. In altri termini, si riconsegni la tavola al gusto, al piacere della gola.
È questa la scommessa proposta per un progressivo quanto progressista recupero dell’uomo, come individuo e specie, nell’attesa bonifica ambientale, per rendere di nuovo vivibile la vita incominciando dai desideri elementari. Il che significa anche il ripristino di una masticazione giustamente lenta, la riacquisizione delle norme dietetiche salernitane, ingiustamente obsolete, nel recupero del tempo nella sua funzione ottimale, di organizzazione del piacere (e non della produzione intensiva, come vorrebbero i padroni delle macchine e gli ideologi del fast). D’altra parte, gli efficientisti dai ritmi veloci sono per lo più stupidi e tristi: basta guardarli.
Se poi imbarbariti dallo stile di comunicazione dominante, si reclamassero gli slogan a tutti i costi, certo non mancherebbero: a tavola non si invecchia, per esempio, sicuro, tranquillo, sperimentato da secoli di banale buon senso.
Oppure: lo slow-food è allegria, il fast-food è isteria. Sì, lo slow-food è allegro!
D’altra parte sappiamo da millenni che il pieveloce Achille non raggiungerà mai la tartaruga, la quale esce vittoriosa dalla corsa. Con bella lezione non solo matematica ma morale.
Ecco, noi siamo per la tartaruga, anzi, per la più domestica lumaca, che abbiamo scelto come segno di questo progetto. È infatti sotto il segno della lumaca che riconosceremo i cultori della cultura materiale e coloro che amano ancora il piacere del lento godimento. La lumaca slow.
Folco Portinari
Carlo Petrini
Stefano Bonilli
Valentino Parlato
Gerardo Chiaromonte
Dario Fo
Francesco Guccini
Gina Lagorio
Enrico Menduni
Antonio Porta
Ermete Realacci
Gianni Sassi
Sergio Staino
Era il il 3 novembre del 1987 e sulla prima pagina del Gambero Rosso, allora supplemento gastronomico de Il Manifesto, prendeva vita il movimento Slow Food, con questo provocatorio manifesto firmato da Folco Portinari e altri importanti personaggi della cultura e della gastronomia italiani.
Erano gli anni ’80, quelli in cui la frenesia veniva contrabbandata come modernità. Portinari ebbe l’intuizione di intercettare la contrapposizione contro il fast-food, che decretò anche il successo del marchio, ma andò oltre, definendo la lentezza come filosofia di vita, commenta Carlo Petrini, fondatore di Slow Food e attuale presidente a livello internazionale.
Sono passati trent’anni da allora, quando l’associazione “Arcigola” (questo il nome originario di Slow Food) muoveva i primi passi. Oggi il movimento internazionale di Slow Food coinvolge milioni di persone in oltre 160 Paesi.
Leggi anche l’estratto dal libro “Slow Food. Storia di un’utopia possibile”, di Gigi Padovani e Carlo Petrini, pubblicato su Piattoforte Consulta la sezione cultura gastronomica Leggi le ultime notizie enogastronomiche |
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