La riuscita di un buon espresso dipende sempre dall’attenzione che si pone nella precedente lavorazione della miscela. La torrefazione del caffè è un procedimento molto complesso e tuttavia importante per il successo complessivo della bevanda che poi si ottiene. Il processo cui il chicco viene sottoposto è assai peculiare e raffinato e, in genere, suscita molta curiosità nei consumatori di caffè che si pongono sempre più domande sulla sua produzione.
È anche vero che, in un paese che fa dell’espresso un’arte impareggiabile e senza precedenti, riconoscere la qualità di una miscela riuscita è quasi un segno di onorificenza verso la propria patria: se l’Italia non può rivendicarne la scoperta, se non altro può attribuirsi il merito dell’averne fatta una vera e propria eccellenza mediterranea.
Proprio per questa ragione, abbiamo pensato di raccogliere una serie di informazioni utili a capire i processi della torrefazione del caffè e come fare a sapere di averne davanti uno di qualità. Nei paragrafi sottostanti tutto quello che c’è da sapere sull’oro nero d’Italia.
La pianta
Per chi non lo sapesse, la piante del caffè è detta Coffea ed è un arbusto scoperto tantissimi anni fa – probabilmente nel Medioevo – in Etiopia. Questo arbusto conta più di sessanta specie diverse e non tutte danno vita alle ciliegie rosse da cui otteniamo il chicco che, in seguito, verrà lavorato. Solo in poche però, tra le diverse specie della pianta, danno vita alle miscele che noi conosciamo.
La coltivazione
La coltivazione del caffè richiede molta cura e impegno poiché, essendo la pianta Coffea figlia di un ambiente tropicale, va continuamente tutelata dalle diverse condizioni atmosferiche. E divide il suo processo di raccolta in due diverse fasi: quella del picking, ossia selezione manuale messa in atto da esperti del settore, e lo stripping, lo spoglio completo della pianta.
La torrefazione
Con torrefazione del caffè si fa riferimento a quel processo di lavorazione che tosta e disidrata i chicchi di caffè utilizzando l’alta temperatura di macchinari roteanti. Il primo metodo di torrefazione si chiama “a letto fluido” e sottopone per la durata di pochi minuti i chicchi a un getto di aria calda di una temperatura 400°C. Il secondo metodo è quello del “tamburo rotante” e prende il nome proprio dalla macchina impiegata, ossia un tamburo che lascia ruotare i chicchi. Al suo interno troviamo un bruciatore a gas che procede alla tostatura impiegando una decina di minuti.
Riconoscere un buon caffè
Sono diversi i fattori da prendere in considerazione per valutare la qualità di un caffè espresso. Si comincia con l’aspetto visivo: trama, colore e consistenza della crema sono fondamentali. Poi c’è la componente aromatica, la gamma di profumi varia notevolmente a seconda della miscela utilizzata e si va dalle note tostate a quelle cioccolatose, fino a quelle agrumate. Infine si passa al sapore, che deve essere in equilibrio fra dolce, acido e amaro. È comunque molto importante, quando si parla di caffè, inquadrare il proprio gusto: se amate i gusti delicati, ad esempio, dovete optare per la miscela arabica; se invece preferite quelli forti dovete segnalare la vostra preferenza per quella robusta.
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