Cosmopolitan, Martinez, Aviation, Mai Tai… Ma pure Bellini, Americano e Negroni. I nomi simbolo della mixology internazionale parlano – anche – italiano, grazie all’inventiva e al talento di alcuni grandi barmen di casa nostra e soprattutto alla tradizione italiana nel campo di liquori, amari e distillati.
Nella miscelazione italiana, infatti, spesso Gin, Vodka e Rum vengono sostituiti da amari, vermouth o anche vino, perché no. Un’anima “autarchica” che è stata sposata e fatta propria anche dagli esponenti del movimento Futurista.
Mentre è ben noto il “Manifesto della Cucina Futurista” che Marinetti creò nel 1930, e in tanti ne hanno ripreso “ricette” e ispirazioni soprattutto in occasione del 100° anniversario del Manifesto del Futurismo caduto nel 2009, pochi sanno che Marinetti e compagni si dedicarono anche alla miscelazione. Nessun manifesto, in questo caso, e nemmeno nessuna ricetta scritta con dosi precise: nel rispetto della filosofia improntata all’azione, alla velocità e al movimento, non c’era posto per dogmi e regole fisse.
C’erano, però, dei nomi – evocativi e di grande effetto, legati alle “occasioni d’uso” per cui erano stati immaginati – e delle idee di queste bevande, che naturalmente non venivano chiamate cocktail, visto che l’autarchia riguardava anche la lingua. Ma i Futuristi avevano nel loro “prontuario” di alternative italiane anche la parola giusta per questo: polibibita, e cos’altro è un cocktail se non un insieme di più bibite, o liquidi, diversi?
Si deve al lungo e approfondito lavoro di Fulvio Piccinino – barman e appassionato formatore, artefice anche del progetto SapereBere – se oggi conosciamo non solo i nomi delle 18 polibibite immaginate dai Futuristi, ma anche le ricette (17 in questo caso, vedremo poi perché) messe a punto dallo stesso Piccinino in base ai gusti e agli ingredienti attuali.
Folgorato dall’irruenza stilistica futurista già nel 1986, quando in visita alla Biennale di Venezia si trovò davanti al Dinamismo di un cane al guinzaglio di Balla, è un vero esperto in materia. «Non è stato facile – ha spiegato il barman, con tanto di panciotto “futurista”, nel corso di un incontro svoltosi di recente a Roma presso il “laboratorio” del Jerry Thomas, rivolto a stampa e bartender – mettere insieme i pezzi delle polibibite, sparpagliati com’erano tra materiali “ufficiali” e supporti estemporanei andati perduti o disseminati tra musei e gallerie». Di una ha trovato traccia addirittura su un pezzo di carta da pane scribacchiato, conservato al Mart di Rovereto senza sapere che quelle scritte apparentemente senza senso nascondessero in realtà una preziosa traccia.
Adesso il lavoro di Piccinino è stato raccolto e sistemato nel libro La Miscelazione Futurista – l’autarchia liquoristica italiana delle polibibite, edito da Cocchi Books, nuova collana letteraria della storica casa astigiana Giulio Cocchi, produttrice di vini spumanti, grappe, vermouth e vini aromatizzati come l’Americano e il Barolo Chinato, che sono alla base di molti cocktail italiani.
Nel promuovere l’iniziativa, a Cocchi si sono uniti altri storici marchi che rappresentano l’eccellenza italiana nel settore dei liquori e della miscelazione e che sono quindi stati – e sono tutt’ora – ingredienti d’elezione anche per le polibibite: Campari, Cedrata Tassoni, Luxardo, Nardini, Pallini e Strega, insieme per “incentivare lo sviluppo e la diffusione della miscelazione italiana in un panorama in cui le ricette anglofone la fanno da padrone”.
Durante l’incontro romano, Fulvio Piccinino ha raccontato aneddoti e dettagli legati alla cucina di Marinetti & Co, e alla loro idea di miscelazione in cui il “cocktail” diventa “forma d’arte estemporanea” complementare al cibo, che deve suscitare emozioni e commenti in chi lo beve. Ecco allora che le polibibite – create da diversi esponenti del movimento, da Prampolini a Barosi, durante le serate alla Penna d’Oca o alla Taverna del Santopalato di Angelo Giachino, primo e unico ristorante futurista – possono essere accompagnate da stimoli polisensoriali, dalle acque profumate spruzzate dietro le orecchie degli astanti alle luci colorate e i suoni prodotti durante la consumazione, fino ai “tattili”, supporti con tessuti e materiali di diversa texture che vanno accarezzati mentre si beve.
Non manca, naturalmente, l’elemento provocatorio: da quello squisitamente sensoriale – cioccolato e formaggio come parte integrante della polibibita Giostra d’Alcol a base di Barbera d’Asti Docg, Campari e Cedrata; un pezzetto d’acciuga racchiuso nell’ostia nel Grandi Acque realizzato con Gin (nella versione odierna di Piccinino), grappa bianca, kummel e Mistrà Pallini, entrambi creati da Enrico Prampolini – a quello allusivo. «Le Polibibite infatti – racconta Piccinino – venivano battezzate in base alla “funzione d’uso” specifica, che spesso aveva a che fare con la virilità del “consumatore”». Ed ecco quindi il Rigeneratore creato da Cinzio Barosi, una sorta di “zabaione” con tanto di banana che spunta fuori dal bicchiere, il Guerra in Letto, l’Inventina – per occorrenze creative – o l’eloquente Salto in Carne, l’unica polibibita di cui l’autore si limita a fare menzione senza darne ricetta considerando che la formulazione futurista contemplerebbe un mix di sette principi attivi contro l’impotenza che potrebbe anche rivelarsi letale.
Per il resto, Fulvio Piccinino oltre al grande lavoro di ricostruzione storica e filologica ha messo a punto delle ricette molto gradevoli anche ai giorni nostri, che valorizzano i prodotti italiani di qualità e che possono rivelarsi un asso nella manica dei barmen italiani che vogliano creare uno stile “nazionale”.
Proprio a loro, in primis, è indirizzato il libro che si può acquistare contattando direttamente la Cocchi (news@cocchi.com). Ma il volume – realizzato in doppia lingua, italiano e inglese, e arricchito da foto d’epoca, immagini e iconografia di alto livello con la collaborazione di importanti musei e collezionisti – sarà sicuramente interessante anche per chi voglia dedicarsi alla miscelazione casalinga, come era nelle intenzioni dei Futuristi, o per chi ama l’arte e la storia anche nei loro aspetti più curiosi.
“LA NOSTRA POLIBIBITA PREFERITA”
Rosa Bianca (Bitter Campari, liquore alle rose, succo d’arancia, Mistrà Pallini)
Creata da Angelo Giachino, il titolare del Santopalato, l’unico ristorante futurista che la storia abbia avuto. Aprì a Torino poiché il risorgimento della cucina doveva iniziare, così come quello italiano, dalla capitale sabauda.
Il locale non ebbe molta fortuna e chiuse contemporaneamente al declino della causa Futurista, complice anche la morte di Filia, vero animatore del progetto.
La miscela è assolutamente equilibrata e lontana dalle provocazioni futuriste, eseguite nella totalità da artisti che non avevano vincoli creativi. Giachino è un ristoratore che deve compiacere il cliente con bevande di facile beva e non stupire ad ogni costo.
La polibibita, infatti, si compone di succo d’arancia, Bitter Campari, liquore alle rose e un poco di Mistrà per dare un tocco mediterraneo.
Dissetante e piacevole, rappresenta, di fatto, l’unica mistura veramente commerciale della proposta futurista.
Ndr: da servire spruzzando nell’aria acqua profumata alla rosa damascena e con un tattile con quadrati di seta, carta vetrata e sughero.
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